Per molti anni, molto più di quanto oggi si ricordi, l’Italia non era soltanto un ospite degli Oscar: era quasi una presenza fissa, una voce riconoscibile dentro il grande sistema hollywoodiano. C’è stato un tempo in cui le produzioni italiane, i nostri registi e persino le nostre star venivano guardate con una sorta di rispetto inevitabile, come se da quella parte dell’oceano ci si aspettasse sempre un’opera capace di sorprendere. È il periodo in cui Vittorio De Sica porta a casa la statuetta con Sciuscià, quando il Neorealismo cambia il modo di raccontare il mondo e Hollywood non può fare a meno di riconoscerlo. Quel film, primo ad essere premiato come “Oscar speciale” per il miglior film straniero, inaugura una stagione lunga e irripetibile: undici statuette complessive nella categoria oggi chiamata Miglior film internazionale, con titoli che hanno segnato la storia della settima arte.
Ma se per i film l’Italia ha lasciato un’impronta indelebile, nella categoria più competitiva e più ferocemente americana degli Oscar – quella che premia gli attori protagonisti – la sfida è sempre stata quasi proibitiva. Eppure, proprio lì, dove dominano le produzioni hollywoodiane e dove raramente lo spazio viene lasciato a chi arriva da fuori, due attrici italiane sono riuscite a compiere qualcosa che nessun’altra nel nostro Paese ha più ripetuto. Due donne, due personalità opposte, due percorsi che non si assomigliano in nulla e che proprio per questo raccontano quanto variegato fosse – e sia – il talento italiano.

Anna Magnani e Sophia Loren, la forza di due interpretazioni che hanno lasciato un segno irreversibile nella storia del cinema
La prima a rompere un tabù che sembrava impossibile è Anna Magnani, che nel 1956 conquista l’Oscar come miglior attrice protagonista per La rosa tatuata, film americano diretto da Daniel Mann. È un traguardo storico non soltanto per lei o per l’Italia, ma per l’intera industria cinematografica: Magnani è la prima interprete non anglofona a vincere quella statuetta, e il suo successo è la conferma di una presenza scenica capace di travolgere chiunque, a prescindere dalla lingua. La sua interpretazione rimane una delle più potenti mai realizzate da un’attrice italiana all’estero, tanto autentica da diventare impossibile da ignorare. Quando il suo nome viene annunciato, Hollywood capisce che la porta per gli attori stranieri non è più impermeabile come si credeva.
Pochi anni dopo, nel 1962, arriva una seconda, irripetibile consacrazione. Sophia Loren vince l’Oscar come miglior attrice protagonista per La ciociara, capolavoro di Vittorio De Sica che aveva già segnato la storia del nostro cinema. Il suo premio è ancora più sorprendente se si considera che l’interpretazione è completamente in lingua italiana: Loren diventa così la prima attrice a vincere un Oscar con un ruolo non in inglese. L’impatto di quel momento è enorme. Non solo perché premia uno dei volti più iconici della cinematografia mondiale, ma perché riconosce come internazionale un’emozione che arriva senza filtri, senza adattamenti, senza compromessi linguistici.
Negli anni successivi Loren tornerà sul palco degli Oscar per un’altra consacrazione simbolica, quella del 1991, quando le viene assegnato l’Oscar alla carriera, quasi a suggellare un percorso che ha superato confini, lingue e categorie. Ma non è l’ultima volta che l’Italia applaude da protagonista: nel 1999 Roberto Benigni conquista l’Oscar come miglior attore protagonista per La vita è bella, in una delle cerimonie più travolgenti di sempre, portando a casa anche i premi per la colonna sonora di Nicola Piovani e per il miglior film straniero.
Il risultato è che, nonostante la forza delle nostre produzioni e i tanti riconoscimenti ottenuti nel mondo, solo Anna Magnani e Sophia Loren sono riuscite a imporsi nella categoria più difficile, quella che premia la miglior attrice protagonista. Due nomi, due momenti indimenticabili, e un’eredità che ancora oggi ricorda quanto l’Italia abbia saputo influenzare un’industria che sembra inarrivabile, ma che, quando trova un talento vero, lo riconosce ovunque esso nasca.






