La possibilità di osservare una copia virtuale del nostro pianeta, aggiornata di continuo e capace di riprodurre i processi atmosferici e climatici con una precisione mai vista, non appartiene più al futuro remoto. Un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute ha sviluppato il più avanzato gemello digitale della Terra, un modello ad altissima risoluzione che arriva a lavorare su scala di 1,25 chilometri, un livello di dettaglio che fino a oggi era semplicemente irraggiungibile. Dietro al progetto c’è il lavoro coordinato del professor Daniel Klocke, che descrive questo sistema non come un semplice strumento di simulazione, ma come una vera piattaforma scientifica in grado di rivoluzionare il modo in cui studiamo il clima, l’atmosfera e i cambiamenti del pianeta.
La struttura del gemello digitale e la fusione tra processi lenti e veloci che permette simulazioni mai viste prima
Il progetto nasce dall’esigenza di superare i limiti dei modelli climatici attuali, spesso costretti a compromessi per questioni di potenza di calcolo. Il nuovo gemello digitale riesce a unire in un unico sistema sia i processi veloci, come quelli che determinano i fenomeni meteorologici quotidiani, sia i processi lenti, che regolano l’evoluzione del clima nel lungo periodo. Ciò significa che flussi di energia e acqua, correnti marine, interazioni del ciclo del carbonio, variazioni della biosfera e movimenti dell’atmosfera vengono trattati all’interno dello stesso ambiente di simulazione, permettendo una lettura molto più realistica della complessità terrestre. È un salto di qualità enorme: per la prima volta fenomeni che agiscono su scale temporali diverse vengono combinati senza sacrificare precisione o risoluzione.
Il cuore tecnologico di questa piattaforma è il framework ICON, sviluppato dal servizio meteorologico tedesco insieme al Max Planck Institute, concepito per suddividere la superficie terrestre in una rete di celle esagonali. Per ricostruire in maniera completa la topografia del pianeta, il sistema utilizza 336 milioni di celle dedicate a terre e oceani, mentre la modellazione dell’atmosfera richiede 672 milioni di unità di calcolo. Ogni cella rappresenta un frammento minuscolo del pianeta e viene aggiornata costantemente sulla base dei processi fisici reali. Ne deriva un modello in cui i cambiamenti non sono semplificati, ma generati da un flusso continuo di calcoli che riproduce in modo dinamico ciò che accade sulla Terra.
Per sostenere questo livello di complessità è necessario l’utilizzo di supercomputer di ultima generazione. La costruzione del gemello digitale ha richiesto la combinazione di tecniche di programmazione di alto livello, in particolare l’impiego del linguaggio Fortran integrato con il framework DaCe, una piattaforma orientata all’elaborazione parallela. L’infrastruttura permette di distribuire i processi in tempo reale su migliaia di unità computazionali, così da modellare l’interazione tra atmosfera, oceani e superficie terrestre senza riduzioni di scala. È un equilibrio difficile, ma essenziale per ottenere una simulazione che non sia una copia approssimativa, ma un vero specchio digitale del pianeta.

La potenza dei supercomputer europei e le applicazioni scientifiche di un pianeta completamente simulato
Per permettere al modello di funzionare, sono entrati in gioco due dei supercomputer più potenti d’Europa: JUPITER, in Germania, e Alps, in Svizzera. Entrambe le macchine si basano su superchip Nvidia GH200, che uniscono GPU Hopper e CPU ARM Grace, architetture pensate per elaborare enormi volumi di dati mantenendo una stabilità altissima nei calcoli scientifici. In totale sono stati utilizzati 20.480 superchip, un valore impressionante che dà un’idea della scala dell’operazione. Grazie a questa infrastruttura, il gemello digitale è riuscito a simulare quasi 146 giorni climatici in sole 24 ore, una velocità mai raggiunta prima e che rende possibile testare scenari futuri senza aspettare i lunghi tempi richiesti dai modelli tradizionali.
La forza di questo gemello digitale sta nel fatto che può diventare un supporto non solo per la ricerca climatologica, ma anche per la meteorologia operativa, lo studio degli eventi estremi, l’analisi delle correnti oceaniche, le simulazioni sull’evoluzione della vegetazione e perfino la valutazione dell’impatto delle emissioni sul ciclo globale del carbonio. È uno strumento che può aiutare a prevedere con maggiore affidabilità i fenomeni atmosferici intensi, a comprendere come reagiscono gli oceani a un aumento delle temperature e a individuare aree del pianeta più sensibili alle trasformazioni future. La sua presentazione in un preprint su arXiv ha già attirato l’attenzione della comunità scientifica internazionale, che vede in questo modello un punto di partenza per una nuova generazione di studi climatici.
Il gemello digitale permette anche di sperimentare scenari ipotetici, come riduzioni drastiche delle emissioni o cambiamenti nei modelli di circolazione atmosferica, analizzando in poche ore conseguenze che nel mondo reale richiederebbero decenni. È, in sostanza, un laboratorio globale che consente di osservare la Terra senza toccarla, effettuando interventi virtuali per capirne gli effetti prima che accadano davvero. Questo rende il modello uno strumento decisivo per policy maker, climatologi, ricercatori e per tutti coloro che cercano di interpretare un pianeta in continua trasformazione. Le applicazioni future sono ancora più ampie: dalla prevenzione dei rischi alle strategie energetiche, fino alla comprensione della resilienza degli ecosistemi. Un sistema che, se perfezionato ulteriormente, potrebbe cambiare non solo il modo in cui studiamo il clima, ma anche il modo in cui prendiamo decisioni.






