Un piccolo frutto verde dall’aroma tropicale sta diventando protagonista delle campagne italiane, tra storia, tradizione e curiosità gastronomiche.
La feijoa, conosciuta anche come guavasteen o ananas-guava, è un frutto dall’aspetto modesto ma dal profumo inconfondibile. All’esterno sembra un piccolo lime, ma dentro nasconde una polpa chiara e gelatinosa dal sapore sorprendente, a metà tra fragola, banana, menta e ananas. Un mix esotico che, da qualche anno, ha trovato casa anche in Italia, dove cresce rigogliosa nelle terre del Sannio beneventano, trasformando una curiosità botanica in un’eccellenza agricola.
Le origini sudamericane e il viaggio verso l’Europa
Il viaggio della feijoa inizia nel cuore del Sud America, tra il sud del Brasile, il nord dell’Argentina, il Paraguay e l’Uruguay. In quei territori collinari e umidi, la pianta cresce spontanea, producendo frutti profumati e nutrienti. È una pianta sempreverde appartenente alla famiglia delle Mirtacee, la stessa del mirto, ed è conosciuta per la sua straordinaria resistenza.
Fu il naturalista portoghese João da Silva Feijó, a cui deve il nome, a studiarla nel XVIII secolo. Ma il merito della sua classificazione scientifica spetta al botanico tedesco Otto Karl Berg, che ne riconobbe per primo il valore. Introdotta in Europa intorno al 1890, la feijoa si diffuse poi in California nei primi anni del Novecento, dove venne coltivata come pianta ornamentale grazie ai suoi fiori bianchi e rosati, dagli stami rosso carminio, che la rendono una delle specie più decorative del mondo tropicale.
La sua bellezza non è solo estetica: la feijoa è un arbusto che può superare i sei metri di altezza, con foglie lucide e argentee nella parte inferiore. La buccia è commestibile e i petali sono dolcissimi, tanto che in alcune zone del Sud America vengono serviti come dessert. Anche le foglie trovano impiego per preparare infusi aromatici dalle proprietà digestive.
Quando il frutto arriva a maturazione, la polpa assume una consistenza cremosa e un profumo che ricorda l’ananas con una nota balsamica. Si può mangiare fresca, semplicemente tagliata a metà e gustata con un cucchiaino. Ma il suo utilizzo in cucina sta conquistando anche chef e pasticceri italiani, che la impiegano per marmellate, dolci e piatti salati dal gusto tropicale.

Il successo della feijoa in Italia e la festa di Sant’Agata de’ Goti
Negli ultimi decenni, la feijoa ha trovato il suo habitat ideale anche in Italia. Dapprima in Liguria, poi in Sicilia, Calabria, Sardegna e infine in Campania, dove il terreno fertile e il clima mite hanno favorito una produzione di altissima qualità.
Il cuore di questa storia è Sant’Agata de’ Goti, suggestivo borgo medievale in provincia di Benevento, sospeso tra colline e vigneti. È qui che, oltre sessant’anni fa, nacque per caso la prima piantagione campana: Carmine del Vivaio De Rosa racconta che il nonno ricevette due piantine in regalo, ignaro che sarebbero diventate il simbolo di una nuova tradizione agricola. Quelle piante attecchirono subito, e da lì iniziò una coltivazione destinata a crescere fino a diventare una delle più importanti d’Europa.
Oggi la feijoa di Sant’Agata è coltivata e promossa dall’Azienda Agricola Diglio Maria Carmela, che ha reso possibile anche la nascita della Giornata della Feijoa, evento che nel 2025 ha celebrato la sua quarta edizione. Il 25 e 26 ottobre, il borgo si è trasformato in un percorso sensoriale dedicato a questo frutto: degustazioni, piatti gourmet e dolci artigianali hanno accompagnato i visitatori in un viaggio tra gusto e memoria.
Durante la festa, i produttori locali hanno presentato succhi naturali, confetture e gelati, come quello firmato dal bar Mario Perna, mentre gli chef del territorio hanno reinterpretato il frutto in modo creativo: i ravioli alla feijoa di Testa Domenico della trattoria Gatto Rosso, il risotto alla feijoa con caprino dei Monti Lattari di Artus-Castle Burger, e il tortino alla pasta frolla con frangipane alle mandorle e confettura di feijoa della pasticceria Albano hanno conquistato anche i palati più curiosi.
La manifestazione non è solo gastronomia, ma un atto di memoria collettiva: molti santagatesi raccontano il profumo dei fiori e il sapore dei petali come un ricordo d’infanzia, quando la feijoa era ancora una scoperta nascosta nei giardini di casa. Oggi quel frutto “misterioso” rappresenta l’unione perfetta tra biodiversità, tradizione e innovazione agricola, un esempio di come un piccolo dono della natura possa diventare simbolo di un territorio.






