In Italia il Natale non comincia davvero quando si accendono le luminarie né quando si tira fuori l’albero dal ripostiglio. Il Natale, quello vero, parte quando in televisione ricominciano a girare i film “di rito”. Sono i cult delle feste, quei titoli che vediamo da sempre, che conosciamo a memoria e che continuiamo a guardare comunque, come se ci fosse qualcosa di rassicurante nella ripetizione. Alcuni appartengono alla tradizione internazionale, altri sono nati e cresciuti sulla scia dello spirito tutto italiano delle Feste: leggero, ironico, malinconico quando serve, travolgente quando non serve affatto.
È un fenomeno unico: ogni anno, puntuale, si ripresenta lo stesso copione. Famiglie radunate sul divano, i bambini che scoprono film che i genitori sanno recitare scena per scena, nonni che si addormentano a metà e si risvegliano esattamente allo stesso punto di sempre. È un rito collettivo che attraversa l’Italia da nord a sud.
“Momento Kevin”: l’Italia e “Mamma, ho perso l’aereo”
Se c’è un film che ha saputo conquistare davvero tutte le generazioni, quello è “Mamma, ho perso l’aereo” (Home Alone, 1990). Non è solo una commedia, non è solo un film natalizio: in Italia è una tradizione. Il faccino furbetto di Macaulay Culkin, le trappole assurde, i ladri pasticcioni e lo spirito di redenzione familiare ne fanno un mix invidiabile.
In molte case, il Natale inizia ufficialmente con la prima messa in onda del film in TV. E ogni volta la domanda è sempre la stessa: “Ma com’è possibile che si siano dimenticati un figlio?”. La risposta non interessa a nessuno, perché il bello è che accada esattamente così ogni anno da oltre trent’anni.

Il fenomeno tutto italiano dei cinepanettoni
Non si può parlare di cult natalizi senza citare i film della “ditta” De Sica & Boldi. I cinepanettoni non sono semplici commedie: sono un fenomeno culturale.
La storia comincia con “Vacanze di Natale” (1983), il film che ha definito un immaginario: Cortina, le settimane bianche, l’Italia degli anni ’80 tra ricchezza ostentata e contraddizioni. Poi arrivano gli anni ’90 e 2000, in cui il Natale al cinema si confonde con titoli diventati iconici:
“Merry Christmas”
“Natale sul Nilo”
“Natale a Miami”
“Natale a New York”
Che li si ami o li si odi, è impossibile ignorarne l’impatto. Per una generazione intera, il senso del Natale è passato anche attraverso queste commedie grottesche, piene di gag, scambi di identità, amori improbabili e battute diventate un pezzo di storia pop.

“Una poltrona per due”: l’appuntamento più stabile del cenone
Siamo nel campo della liturgia laica: il 24 dicembre, l’Italia si divide tra chi prepara gli ultimi piatti del cenone e chi accende la TV per guardare “Una poltrona per due” (Trading Places, 1983). Il film con Eddie Murphy e Dan Aykroyd è diventato un culto all’italiana più che in ogni altro paese al mondo.
La sua presenza in palinsesto è così certa che, negli anni in cui rischiò di saltare, scoppiò una sorta di insurrezione popolare. Il motivo? Non è solo la storia brillante, non sono solo le battute, né la simpatia debordante dei protagonisti. È la sensazione che senza quel film, il Natale non sia completo.
Il Grinch e il fascino dell’antieroe natalizio
La tradizione italiana non si basa solo su commedie e tradizioni consolidate: negli ultimi vent’anni un altro personaggio ha conquistato gran parte delle famiglie, soprattutto quelle più giovani. Stiamo parlando del burbero verde che odia il Natale: Il Grinch.
La versione del 2000 con Jim Carrey è diventata un classico perché coniuga comicità, estetica visionaria e un messaggio che va dritto al cuore: la solitudine durante le feste e l’importanza della gentilezza. È uno di quei film che introduce anche i bambini più scettici alla magia natalizia, con una dose di cinismo che alla fine si scioglie puntualmente nella neve.
I classici intramontabili: “Miracolo nella 34ª strada”
Dalla tradizione americana arriva uno dei film più poetici del Natale: “Miracolo nella 34ª strada”, sia nella versione del 1947 sia in quella del 1994. È la storia che più di tutte parla di speranza, di fiducia, di magia. Per molti italiani è il film perfetto per il dopo-pranzo del 25 dicembre, quando si è troppo sazi per muoversi ma ancora abbastanza svegli per sognare.
I film d’animazione: il Natale raccontato ai bambini (e agli adulti nostalgici)
Il Natale, in Italia, passa anche attraverso i cartoni animati. Titoli come:
“Polar Express”, con il suo viaggio tra sogno e realtà;
“Nightmare Before Christmas”, una favola gotica diventata un culto trasversale;
gli intramontabili speciali Disney, da “Canto di Natale” a Topolino alle storie corali che hanno accompagnato generazioni intere.
Sono film che non hanno età: bastano un plaid, una tazza di cioccolata calda e l’atmosfera fa tutto il resto.
La quota romantica di Natale: “Love Actually”
Non può mancare il film che, dal 2003, domina la categoria “Natale + cuori”: “Love Actually”. In Italia ha trovato un pubblico fedelissimo, forse per la sua struttura corale, forse per la sua colonna sonora irresistibile, forse perché ogni storia parla di un aspetto dell’amore che ci riguarda tutti.
È un film che si guarda con gli amici, con il partner, con sé stessi: l’importante è arrivare preparati emotivamente.
“Elf”: la nuova leva dei cult
Negli ultimi anni anche “Elf” (2003), con Will Ferrell, è entrato di diritto tra i preferiti del pubblico italiano. È un inno alla purezza e all’ingenuità, condito da una comicità sopra le righe che lo rende perfetto per tutta la famiglia. È uno di quei film che fanno sorridere anche nella giornata più grigia di dicembre.
Perché questi film ci sembrano indispensabili?
Uno psicologo direbbe che la ripetizione è rassicurante, un sociologo che si tratta di ritualità collettiva, un cinefilo che la magia del Natale è anche la magia del cinema. La verità, forse, è che questi film sono diventati una parte della memoria emotiva degli italiani: un promemoria annuale che ci riporta a infanzie, famiglie, tradizioni.
Ogni titolo è un tassello di un mosaico affettivo: dai cinepanettoni rumorosi al silenzio innevato dei classici americani, dalle risate fino alle lacrime trattenute. È questo che rende un film un cult: non la sua fama, ma le emozioni che riaccende ogni volta.






