Un genitore riceve la telefonata dalla scuola: febbre alta, il bimbo deve restare a casa. Da gennaio 2026 quella chiamata potrà tradursi in più giorni di permesso retribuito rispetto al passato.
La recente bozza della Legge di Bilancio 2026 propone di raddoppiare il limite annuale dei giorni pagati per la malattia dei figli, portandolo da 5 a 10 giorni per ciascun genitore. È una modifica pensata per alleggerire la pressione sulle famiglie e aumentare la presenza dei caregiver nei momenti di bisogno, ma resta qualche punto da chiarire per aziende e uffici del personale.
Cosa cambia concretamente
La novità principale è semplice e concreta: il tetto massimo di giorni di assenza retribuita per la malattia del figlio sale a 10 giorni all’anno per ogni genitore lavoratore. Il testo legislativo in discussione precisa che i giorni sono alternativi, quindi non cumulabili tra madre e padre; in pratica ciascun genitore potrà utilizzare fino a dieci giorni, ma non partecipando contemporaneamente allo stesso periodo di assenza. Questo meccanismo cerca di salvaguardare la continuità lavorativa dei singoli datori di lavoro e al contempo offrire maggiore flessibilità alle famiglie.
Accanto al numero di giorni, la Manovra estende la fascia d’età del figlio tutelato: da 12 a 14 anni sarà possibile richiedere sia i permessi per malattia sia il congedo parentale nelle modalità previste. L’intervento è contenuto, nelle formulazioni attuali, nell’articolo 50 della legge di bilancio: i tecnici della materia lo descrivono come un passo verso una politica familiare più coerente con le esigenze odierne.
Un dettaglio che molti sottovalutano riguarda l’articolazione delle assenze: la norma parla di limite annuo complessivo e non di giorni per episodio, quindi resta da chiarire come verranno conteggiati giorni e frazioni in caso di ricorrenze multiple nell’arco dell’anno. Anche questo sarà specificato nelle disposizioni attuative. Legge di Bilancio 2026, dieci giorni, alternativi sono i termini chiave attorno ai quali ruota la nuova disciplina.

Chi può chiederli e come funzionano le richieste
La misura interessa i genitori lavoratori, dipendenti del settore pubblico e privato, nonché i genitori affidatari e adottivi secondo le norme del Decreto legislativo 151/2001. Il diritto è individuale e legato allo stato di malattia del figlio: la ragione dell’assenza va informata al datore di lavoro con le modalità previste dal contratto collettivo, ma per i figli sotto i 14 anni non è prevista l’obbligatorietà della presentazione del certificato medico per usufruire dei giorni riconosciuti. Questo favorisce rapidità nelle comunicazioni familiari, evitando passaggi burocratici inutili in situazioni di emergenza.
Chi opera nelle risorse umane dovrà aggiornare prassi e procedure interne: il datore di lavoro resta il referente per l’attivazione del permesso, ma l’INPS potrebbe poi richiedere informazioni per il controllo della spettanza. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è la gestione delle assenze in aziende con organico ridotto: la possibilità di avere fino a dieci giorni per ciascun genitore cambia la pianificazione dei turni e richiede attenzione da parte dei responsabili del personale.
Per i lavoratori autonomi e per alcune tipologie contrattuali, la disciplina potrebbe prevedere regole specifiche o forme di tutela diverse; tali dettagli saranno definiti nelle circolari attuative. Nel frattempo vale la regola generale: permessi retribuiti, estensione a under 14, riconoscimento anche per affidamento e adozione sono i punti fermi del provvedimento in esame.
Quando entrano in vigore e cosa aspettarsi
La misura è pensata per entrare in vigore con il prossimo esercizio di bilancio: con l’approvazione definitiva della legge la decorrenza prevista è il 1° gennaio 2026. Dopo la pubblicazione del testo ufficiale, sarà l’INPS a emanare le circolari operative che detteranno modalità di richiesta, eventuali controlli e gli aspetti amministrativi relativi alla retribuzione delle giornate di assenza. Le aziende dovranno aggiornare le procedure interne e i consulenti del lavoro saranno chiamati a fornire chiarimenti pratici per l’applicazione.
Dal punto di vista sociale, la modifica mira a rassicurare genitori che spesso si trovano a scegliere tra lavoro e cura del figlio: il maggior numero di giorni può ridurre il ricorso al congedo non retribuito o ad assenze non registrate. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è l’aumento dei casi di influenza e gastroenteriti pediatriche; in queste stagioni la nuova disposizione potrebbe alleggerire le tensioni nelle famiglie con più figli.
Resta aperta la partita delle specifiche contrattuali: i contratti collettivi possono prevedere tutele aggiuntive e modalità applicative diverse, così come procedure semplificate per le comunicazioni ai datori di lavoro. In attesa delle circolari dell’INPS e delle norme attuative, il quadro generale è chiaro: più giorni per stare con i figli, estensione dell’età tutelata e la necessità per imprese e uffici di aggiornare le prassi interne. INPS, 1° gennaio 2026, congedo parentale e tutele per le famiglie sono le parole che segnalano cosa osservare nei prossimi passi normativi.






