A 50 anni Susan si accorse che ogni piccolo compito diventava più faticoso: dimenticava dove aveva lasciato l’auto, confondeva appuntamenti e, a volte, non trovava la parola giusta. Non era stanca dopo una notte in bianco, né preda di stress acuto: era nella fase della vita in cui molte donne iniziano a osservare cambiamenti concreti nella loro capacità di concentrazione. Questo non è un caso isolato, lo raccontano i medici che seguono pazienti in menopausa, e lo confermano diversi studi che ora mappano trasformazioni del cervello associate a questa transizione.
Cosa cambia nel cervello durante la transizione
Quando si parla di menopausa molte donne pensano subito a vampate di calore e insonnia, ma gli studi più recenti mostrano che la transizione influenza anche aree implicate nella memoria e nell’elaborazione delle informazioni. Le ricerche con immagini cerebrali indicano una riduzione del volume della corteccia e alterazioni della materia bianca nei periodi che precedono e seguono la cessazione del ciclo mestruale. L’ippocampo, la struttura chiave per memorizzare eventi e orientarsi nello spazio, risulta spesso ridotto in alcune coorti di studio.
Questi cambiamenti non sono solo morfologici: si osserva anche una diminuzione del flusso sanguigno cerebrale in aree frontali e temporali, che può spiegare la sensazione di “annebbiamento” o la maggiore difficoltà nel gestire più attività insieme. Un dettaglio che molti sottovalutano è che la variabilità individuale è alta: non tutte le donne sperimentano gli stessi segni né con la stessa intensità. Alcuni studi suggeriscono che chi entra in menopausa molto presto ha maggior rischio di alterazioni dei piccoli vasi nella materia bianca rispetto a chi la vive più tardi.
Ormoni, età o entrambi: che ruolo hanno?
La domanda centrale per i ricercatori è semplice ma complicata: questi cambiamenti sono dovuti alla caduta degli estrogeni o sono il risultato dell’invecchiamento normale? È noto che il volume cerebrale diminuisce in tutte le persone con l’età, ma alcune indagini mostrano pattern specifici nelle donne in perimenopausa che non si osservano negli uomini della stessa fascia d’età. Altri studi, tuttavia, non trovano un legame diretto tra stadio della menopausa e volume cerebrale, suggerendo che l’età rimanga il fattore dominante.

Il metodo con cui si valuta lo stato di menopausa conta: studi che si basano su criteri rigorosi di sanguinamento e monitoraggio ormonale forniscono risultati diversi rispetto a quelli che usano solo l’età o il ricordo delle pazienti. Per questo servono studi longitudinali che seguano le stesse donne per anni, tracciando cambiamenti cerebrali e ormonali contemporaneamente. Un fenomeno che in molti notano solo nelle cliniche specialistiche è l’aumento della densità dei recettori degli estrogeni nel cervello con il tempo, un elemento che alcuni ricercatori collegano al peggioramento temporaneo della memoria.
Rischi, terapie e prospettive pratiche
È comprensibile che molte donne temano che i disturbi cognitivi siano l’inizio di una demenza. Tuttavia, nella maggior parte dei casi i sintomi legati alla menopausa sono transitori e non equivalgono a un rischio aumentato di demenza per la maggioranza. Solo una minoranza sviluppa malattie neurodegenerative e alcuni gruppi specifici, come chi entra in menopausa prima dei 40 anni, sembrano presentare un rischio più elevato nel corso della vita.
Resta incerta l’utilità della terapia ormonale sostitutiva (MHT) per la cognizione: non ci sono al momento trial clinici randomizzati che dimostrino chiaramente un beneficio cognitivo nelle donne con vampate di calore. Alcune indagini osservazionali indicano effetti diversi a seconda dell’età, della storia chirurgica (isterectomia o rimozione delle ovaie) e della durata della terapia. Per questo motivo i medici non dovrebbero prescrivere la MHT esclusivamente per migliorare la memoria, ma valutare caso per caso. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è che l’accesso a centri specializzati e a studi longitudinali varia molto tra regioni, anche in Italia.
In definitiva, la ricerca individua segnali concreti di cambiamento cerebrale durante la menopausa, ma non tutte le modifiche sono permanenti né ugualmente preoccupanti. Rimane fondamentale collegare i dati sui processi ormonali a quelli sull’anatomia e sul flusso cerebrale per offrire indicazioni cliniche più precise. Per molte donne la soluzione pratica resta la gestione dei sintomi nella vita quotidiana: liste, strategie di lavoro e dialogo con il medico che seguono i progressi nel tempo, una tendenza che già molte pazienti italiane stanno osservando nei loro percorsi di cura.






