La carne rossa fa male oppure no? E soprattutto: quante volte a settimana possiamo mangiarla senza mettere a rischio la salute? Sono domande che tornano ciclicamente, alimentando dibattiti accesi tra nutrizionisti, medici e consumatori. Le carni di manzo, vitello, maiale o cavallo sono da sempre considerate una fonte preziosa di proteine, ferro, zinco e vitamine del gruppo B, ma allo stesso tempo finiscono spesso sotto accusa per il loro contenuto di grassi saturi e per il possibile legame con malattie cardiovascolari e mortalità precoce. Negli ultimi anni, nuovi studi di ampie dimensioni hanno provato a fare chiarezza, offrendo risposte più sfumate e meno drastiche rispetto al passato.
Cosa dicono davvero gli studi scientifici più recenti
Uno dei lavori più citati è lo studio pubblicato su JAMA Internal Medicine, che ha analizzato i dati di 29.682 persone seguite per decenni. I ricercatori hanno osservato che il consumo di almeno due porzioni settimanali di carne rossa o carne lavorata è associato a un aumento, seppur modesto, del rischio di malattie cardiovascolari e di mortalità per tutte le cause. Secondo l’analisi di Zhong e colleghi, ogni porzione aggiuntiva a settimana è correlata a un incremento del rischio intorno al 3%, un dato statisticamente significativo ma lontano da scenari allarmistici.

Questi risultati sono coerenti con studi precedenti condotti su grandi coorti come il Health Professionals Follow-up Study e il Nurses’ Health Study, che avevano già mostrato un aumento del rischio di mortalità totale e cardiovascolare associato a un consumo frequente di carne rossa, soprattutto se lavorata. In particolare, la carne trasformata – come salumi e insaccati – sembra avere un impatto più negativo rispetto alla carne rossa non lavorata. Le meta-analisi più recenti confermano questa tendenza: il rischio esiste, ma è relativamente contenuto e cresce con l’aumentare delle quantità consumate.
Quante volte a settimana mangiarla e perché conta il contesto della dieta
Alla luce delle evidenze attuali, la domanda chiave non è tanto se la carne rossa faccia “bene” o “male” in assoluto, ma quanta inserirne nella dieta e in quale contesto alimentare. Gli studi suggeriscono che due porzioni settimanali rappresentano una soglia oltre la quale il rischio cardiovascolare inizia ad aumentare, anche se in misura modesta. Proprio per questo, molti esperti consigliano un approccio prudente: limitarsi a una porzione a settimana o riservare la carne rossa a occasioni particolari, senza eliminarla del tutto.
Un elemento sempre più centrale è la qualità dei grassi assunti. Una ricerca del 2024, condotta su oltre 400.000 partecipanti, ha mostrato che un’alimentazione ricca di grassi di origine vegetale è associata a un rischio più basso di mortalità e di eventi cardiovascolari, mentre un’elevata assunzione di grassi animali, compresi quelli della carne rossa, è legata a un rischio maggiore. Questo rafforza l’idea che la carne rossa non vada considerata isolatamente, ma all’interno di un modello alimentare complessivo.
Ridurre la frequenza della carne rossa e alternarla con altre fonti proteiche, come pesce, carni bianche, legumi o frutta secca, permette di mantenere un buon apporto nutrizionale e allo stesso tempo di proteggere il cuore. In attesa di ulteriori conferme scientifiche, la strategia più equilibrata sembra essere quella della moderazione: una porzione a settimana, accompagnata da una dieta varia e ricca di alimenti vegetali, appare oggi la scelta più sensata per conciliare gusto e salute.






