Un semplice documento del datore di lavoro può aprire la strada alla pensione anticipata a 63 anni, ma non per tutti: vediamo chi può davvero smettere di lavorare prima dei 67.
La legge Fornero ha fissato l’età pensionabile a 67 anni, rendendo spesso difficile immaginare di lasciare il lavoro prima. Eppure esiste uno strumento poco conosciuto che consente ad alcune categorie di lavoratori di andare in pensione a 63 anni e 5 mesi, purché rispettino requisiti precisi e presentino la giusta documentazione. Stiamo parlando dell’Ape sociale, una misura che dal 2017 permette di anticipare l’uscita dal lavoro in presenza di condizioni personali o professionali particolari.
Chi può andare in pensione con l’Ape sociale
L’Ape sociale non è per tutti, ma riguarda solo chi rientra in specifici profili stabiliti dalla normativa. Le categorie ammesse sono quattro:
disoccupati senza ammortizzatori sociali, che hanno terminato la NASPI o altre indennità da almeno tre mesi;
caregiver che assistono da almeno sei mesi un familiare convivente con disabilità grave;
invalidi civili con una percentuale riconosciuta di invalidità pari o superiore al 74%;
lavoratori addetti a mansioni gravose, come autisti di mezzi pesanti, operai edili, infermieri di sala operatoria, ma anche altre professioni inserite nell’elenco INPS.
Per tutti serve un minimo di 30 anni di contributi, che salgono a 36 anni per i lavori gravosi, con un’eccezione ridotta a 32 anni per operai edili, ceramisti e conduttori di impianti.

Il documento chiave da chiedere al datore di lavoro
Il passaggio fondamentale per accedere all’Ape sociale riguarda la documentazione. Dopo aver verificato di avere i requisiti anagrafici e contributivi, bisogna presentare domanda all’INPS. Ma non basta: in caso di mansioni gravose, occorre anche un documento ufficiale del datore di lavoro che certifichi:
il tipo di mansione svolta;
il livello di inquadramento contrattuale;
i periodi in cui si è svolto quel lavoro;
la durata complessiva negli ultimi anni.
La legge richiede infatti che le mansioni gravose siano state svolte per almeno 6 anni negli ultimi 7 oppure per 7 anni negli ultimi 10. Senza questa attestazione, l’INPS non può riconoscere il diritto alla pensione anticipata. Questo documento è quindi cruciale: è la prova ufficiale che il lavoratore ha effettivamente svolto attività usuranti per il periodo richiesto.
Come funziona la domanda all’INPS
La procedura si articola in due fasi. Prima si deve presentare all’INPS la domanda di certificazione del diritto, con cui l’ente verifica i requisiti. Solo dopo la risposta positiva si può procedere alla domanda di pensione con Ape sociale vera e propria. L’erogazione decorre dal mese successivo alla domanda e prosegue fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia.
L’Ape sociale non è una pensione definitiva, ma un assegno ponte: copre il periodo che separa dai 67 anni e ha un importo massimo pari a 1.500 euro lordi al mese. È compatibile con redditi da lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro annui, ma non con altre forme di lavoro continuativo.
Vantaggi e limiti della pensione a 63 anni
La possibilità di lasciare il lavoro a 63 anni rappresenta un’opportunità preziosa per chi non riesce a reggere ritmi usuranti o ha situazioni familiari complesse. Molti lavoratori ne approfittano per dedicarsi alla famiglia, alla salute o semplicemente per recuperare tempo libero.
Tuttavia, ci sono anche limiti da considerare. Non tutti i lavoratori hanno diritto all’Ape sociale e il beneficio non è reversibile ai superstiti. Inoltre, l’importo può risultare inferiore rispetto alla pensione ordinaria e non sempre segue le rivalutazioni piene. Per questo motivo, prima di fare domanda è consigliabile una verifica approfondita con patronati o consulenti previdenziali.






