La Vuelta di Spagna, una delle corse a tappe più prestigiose del calendario ciclistico, sta vivendo giorni di tensione per la presenza del Team Israel-Premier Tech, formazione finanziata dal miliardario Sylvan Adams. La squadra è finita nel mirino delle proteste pro-Palestina, che mercoledì scorso hanno portato al clamoroso stop dell’11ª tappa a Bilbao, quando un gruppo di manifestanti ha minacciato di invadere il percorso, costringendo gli organizzatori a “neutralizzare” la frazione per garantire la sicurezza dei corridori.
L’intervento di Netanyahu
L’episodio ha acceso il dibattito politico, al punto da richiamare l’intervento diretto del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che in un messaggio social ha lodato la tenuta della squadra: “Ottimo lavoro, Sylvan e Israel Cycling Team, per non aver ceduto all’odio e all’intimidazione! Rendete orgoglioso Israele!”.
Sicurezza rafforzata e polemica diplomatica
Da quel giorno, ogni tappa è diventata un banco di prova non solo sportivo ma anche di ordine pubblico: misure di sicurezza straordinarie circondano il pullman della squadra israeliana, mentre in diverse città attraversate dal gruppo continuano a registrarsi cortei e manifestazioni di protesta.
La questione ha assunto anche una dimensione diplomatica. Il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares si è detto favorevole a valutare l’espulsione del Team Israel dalla corsa, pur precisando che la decisione non spetta al governo ma agli organizzatori. Questi ultimi, dal canto loro, hanno ribadito di essere in grado di garantire la sicurezza della formazione e di tutti i partecipanti.
In un clima sempre più teso, la Vuelta corre dunque su un doppio binario: da una parte la sfida sportiva, dall’altra un contesto politico che rischia di trasformare la competizione in un terreno di scontro internazionale.






