La struttura federale pensata per rivoluzionare la spesa pubblica americana non esiste più. Il Department of Government Efficiency, meglio noto come DOGE, lanciato all’inizio del secondo mandato di Donald Trump e affidato a Elon Musk, è stato chiuso in anticipo e nel più completo silenzio istituzionale. Un epilogo inatteso per un progetto che, nei primi mesi di vita, aveva monopolizzato l’attenzione mediatica per ambizioni, toni e portata degli interventi annunciati.
La fine anticipata del DOGE
A confermare lo scioglimento dell’agenzia è stato Scott Kupor, direttore dell’Office of Personnel Management, che ha spiegato come il DOGE non sia più un’entità operativa e come le sue ultime funzioni residue siano state assorbite proprio dall’OPM. Si chiude così la parabola di una struttura nata per tagliare sprechi e razionalizzare la spesa federale, ma rimasta lontana dagli obiettivi promessi.
Né la Casa Bianca né l’OPM hanno fornito ulteriori dettagli su tempistiche, motivazioni o impatto complessivo del progetto, contribuendo a un clima di opacità attorno alla sua fine.
L’addio di Musk tra tensioni e divergenze politiche
La conclusione del mandato di Elon Musk come “special government employee” era prevista per il 30 maggio, limite massimo imposto dal suo ruolo temporaneo. Ma la sua uscita non è stata causata solo dalla scadenza contrattuale. La rottura pubblica con Trump sulla legge One Big Beautiful Bill ha segnato la fine del rapporto privilegiato tra i due, incrinando il sostegno politico che aveva accompagnato la nascita del DOGE.

Durante il suo incarico, Musk aveva assunto un ruolo di consigliere con accesso straordinario alle strutture statali, spingendo per una trasformazione rapida e aggressiva: taglio ai finanziamenti federali, licenziamenti estesi, chiusura di intere agenzie e revisione di contratti già esistenti. Un approccio che aveva fatto discutere fin dal primo giorno.
Obiettivi lontani: il fallimento dei risparmi promessi
L’ambizione dichiarata era titanica: ridurre il deficit federale di un trilione di dollari entro fine anno fiscale. Un simile traguardo non è mai stato nemmeno sfiorato; il sito del DOGE parla di 214 miliardi di dollari risparmiati, ma indagini indipendenti segnalano numeri gonfiati, calcoli rivisti o proiezioni modificate per rendere più consistente l’impatto contabile.
Questa discrepanza alimenta interrogativi sulla reale efficacia del progetto e sul prezzo operativo pagato da programmi sociali e agenzie coinvolte nelle misure più drastiche.
Un esodo di personale che anticipava il crollo
Già dopo l’uscita di Musk, l’agenzia aveva iniziato a svuotarsi. Decine di dipendenti, inclusi membri chiave della leadership, avevano lasciato il DOGE, segnale che il progetto stava perdendo peso politico e direzione. A ottobre erano rimaste circa 45 persone, impegnate a mantenere attivi gli uffici anche durante lo shutdown, ma le defezioni sono proseguite fino quasi ad azzerare la struttura.
Molti di loro hanno però trovato immediata ricollocazione all’interno dell’amministrazione: alcuni al neonato National Design Studio guidato da Joe Gebbia, altri come CTO al Dipartimento della Salute, altre figure alla guida di programmi negli Esteri o alla Ricerca Navale. Un indizio del fatto che le competenze maturate nel DOGE siano state considerate utili, pur senza mantenere in vita il dipartimento.
Le misure simbolo che cadono insieme al DOGE
Tra le iniziative che scompaiono con la chiusura dell’agenzia c’è anche il blocco delle assunzioni a livello federale, uno dei provvedimenti più discussi del DOGE. Secondo quanto riferito da Kupor, lo stop al turnover è stato revocato, riportando gli uffici pubblici a una gestione più ordinaria del personale dopo mesi di sperimentazioni.






