L’area caraibica continua a essere teatro di crescenti tensioni tra gli USA e il Venezuela, accentuate dall’avvio dell’operazione militare americana Southern Spear. Questa iniziativa, annunciata dal segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth, si configura come una campagna di vasta portata per contrastare il narcotraffico e i cosiddetti “narcoterroristi” nell’emisfero occidentale. Nel frattempo, il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha ribadito il suo appello alla pace, pur minacciando una risposta armata in caso di aggressione.
Nuovo capitolo delle tensioni USA-Venezuela: parte l’Operazione Southern Spear
La Joint Task Force Southern Spear, sotto il comando del Southcom, ha intensificato la presenza navale e aerea al largo delle coste venezuelane, con una flotta composta da una decina di navi da guerra dotate di missili da crociera, capacità anfibie e supporto per 4.000 marines. Oltre alle unità navali, sono stati schierati una decina di caccia stealth F-35 e droni da ricognizione Reaper, concentrati nella base di Porto Rico e nel Golfo del Messico. Questa imponente mobilitazione militare è stata ufficialmente presentata come una lotta contro i trafficanti di droga, ma le analisi degli esperti suggeriscono che potrebbe preludere a operazioni più estese, inclusi possibili attacchi su obiettivi terrestri come porti e aeroporti strategici controllati dall’esercito venezuelano.
L’episodio scatenante di questa escalation è stato l’affondamento di un battello rapido sospettato di trasportare droga, nel quale gli Stati Uniti affermano di aver eliminato undici narcotrafficanti. A seguito di questa azione, Caracas ha risposto con un sorvolo di due caccia F-16 sopra una unità navale americana, provocando una dura minaccia di Donald Trump, che ha dichiarato la disponibilità ad abbattere velivoli venezuelani in caso di ulteriori incursioni.
Reazioni di Caracas e sostegno internazionale
Il presidente del Parlamento venezuelano, Jorge Rodríguez, ha definito la situazione come una minaccia di “conseguenze incalcolabili” per i Paesi caraibici, denunciando l’operazione americana come “la forma massima di aggressione” volta a destabilizzare il governo legittimo di Maduro. Il ministro degli Esteri Yván Gil ha parlato apertamente di tentativo di invasione, sottolineando la violazione del diritto internazionale da parte di Washington.
Nel contesto diplomatico, l’ambasciatore venezuelano Samuel Moncada ha inviato una lettera al segretario generale dell’Onu António Guterres, chiedendo una condanna formale delle “azioni provocatorie” statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi, rivendicando il diritto del Venezuela alla legittima difesa.
Parallelamente, Mosca ha rinnovato il proprio sostegno a Caracas, confermando la consegna di armi e ipotizzando l’arrivo di missili avanzati Oreshnik. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha condannato l’uso eccessivo della forza e ha invitato Washington a concentrare gli sforzi nella lotta alla droga all’interno del proprio territorio.
Il ruolo di Donald Trump e le implicazioni geopolitiche
Donald Trump, rieletto presidente degli Stati Uniti nel gennaio 2025, mantiene una linea dura ma al tempo stesso ambigua. Sebbene neghi ufficialmente un piano per un cambio di regime, la presenza militare e le dichiarazioni aggressive suggeriscono un’intenzione di pressione crescente su Maduro. Trump ha inoltre esteso l’ordine di eliminare i leader dei cartelli della droga, includendo operazioni transnazionali che coinvolgono anche altri Paesi latinoamericani come Ecuador e Messico, con i quali gli Stati Uniti stanno negoziando accordi di cooperazione anti-narcos.
Nonostante la durezza delle misure, Trump ha manifestato anche un’apertura a soluzioni diplomatiche, sebbene gli analisti ritengano che l’inasprimento militare sia funzionale a rafforzare la posizione americana nella regione e a consolidare il consenso interno tra le forze politiche più conservatrici.
In questo clima di alta tensione, il rischio di un confronto militare diretto nei Caraibi resta concreto, con possibili ripercussioni su scala regionale e globale. La crisi venezuelana si intreccia infatti con la rivalità geopolitica tra Stati Uniti e Russia, quest’ultima impegnata a sostenere militarmente Caracas e a sfidare l’influenza statunitense nell’area.






