La tensione nello Stretto di Taiwan si conferma elemento centrale nelle relazioni internazionali tra Cina, Stati Uniti e Giappone. La Repubblica Popolare Cinese ha espresso una netta contrarietà alle ultime vendite di armamenti degli Stati Uniti a Taiwan, sottolineando il rischio di un grave danno alla propria sovranità e sicurezza nazionale. Il portavoce dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan del governo di Pechino, Chen Binhua, ha invitato Washington ad adottare la massima prudenza e a rispettare il principio della “Unica Cina”, ribadito nei tre comunicati congiunti sino-americani.
Cina condanna la vendita di armi USA a Taiwan
Nel dettaglio, il ministero della Difesa degli Stati Uniti ha annunciato l’approvazione da parte del Dipartimento di Stato di un pacchetto militare del valore di 330 milioni di dollari destinato a Taiwan. Tra i materiali forniti vi sono componenti non standard, pezzi di ricambio e parti di riparazione per i caccia F-16, aerei da trasporto C-130 e caccia di difesa indigeni, oltre a servizi di supporto tecnico. Secondo la Defense Security Cooperation Agency (DSCA), questa vendita mira a migliorare la capacità di difesa di Taipei mantenendo la prontezza operativa della sua flotta, senza alterare l’equilibrio militare di base nella regione.
Il governo cinese, però, ha definito questa azione un “segnale profondamente sbagliato” rivolto ai separatisti taiwanesi, accusando le autorità dell’isola di aver intensificato la militarizzazione e di aver sprecato risorse pubbliche trasformando Taiwan in una “polveriera”. Chen ha ammonito che la Cina adotterà tutte le misure necessarie per difendere la propria sovranità e integrità territoriale.
Crescono le tensioni tra Cina e Giappone
Parallelamente, le tensioni si sono estese anche ai rapporti con il Giappone dopo le dichiarazioni della premier Sanae Takaichi, che ha evocato la possibilità di una minaccia esistenziale per Tokyo in caso di attacco militare cinese a Taiwan. Takaichi ha anche fatto riferimento all’eventualità che le Forze di Autodifesa giapponesi possano intervenire militarmente a sostegno di Washington, anche senza un attacco diretto al Giappone, in base al principio di difesa collettiva.
La risposta di Pechino non si è fatta attendere: il viceministro degli Esteri cinese Sun Weidong ha convocato l’ambasciatore giapponese Kenji Kanasugi per chiedere una rettifica alle dichiarazioni “estremamente malevole”. L’ambasciatore ha ribadito che il Giappone non intende intervenire nella questione di Taiwan e ha richiamato la posizione ufficiale di Tokyo, che si attiene al Comunicato congiunto Cina-Giappone del 1972 e auspica pace e stabilità nello Stretto.
Nonostante ciò, l’ambasciata cinese a Tokyo ha invitato i cittadini cinesi a evitare viaggi in Giappone, evidenziando il deterioramento del clima bilaterale e preoccupazioni per la sicurezza dei connazionali. Un portavoce del ministero della Difesa cinese ha inoltre affermato che un eventuale intervento militare giapponese nella crisi di Taiwan sarebbe destinato a una “schiacciante sconfitta” contro l’Esercito popolare di liberazione.
L’attuale scenario riflette la complessità delle relazioni tra la Repubblica Popolare Cinese, Taiwan, Stati Uniti e Giappone, con un equilibrio precario che rischia di compromettere la stabilità regionale. Taiwan, con una popolazione di circa 24 milioni di abitanti e un sistema politico democratico, continua a ricevere sostegno militare da Washington, mentre Pechino insiste nel rivendicare la sovranità sull’isola. Gli sviluppi di queste ore testimoniano come la questione taiwanese resti uno dei nodi geopolitici più delicati dell’Asia orientale e del mondo intero.






