Israele ha intensificato gli attacchi in tutta la Siria, compresa la capitale Damasco, dove è stato colpito il palazzo presidenziale dopo il ministero della Difesa siriano
Damasco, 17 luglio 2025 – L’esercito israeliano ha intensificato i bombardamenti sulla Siria, colpendo in particolare l’area del palazzo presidenziale di Damasco. L’attacco, annunciato ufficialmente tramite un comunicato pubblicato su Telegram, rappresenta una nuova escalation in una regione già profondamente destabilizzata, in cui da mesi si susseguono tensioni tra diverse fazioni e comunità etniche.
Bombardamenti israeliani a Damasco e situazione a Sweida
Secondo quanto riportato dall’agenzia siriana Sana, gli aerei da guerra israeliani hanno colpito in modo mirato obiettivi strategici nella capitale siriana, incluso il palazzo presidenziale. L’azione militare segue le crescenti tensioni nella provincia meridionale di Sweida, dove la minoranza drusa sta vivendo scontri violenti con le forze filo-governative siriane. Le violenze, iniziate da diversi giorni, hanno già causato un bilancio tragico di oltre 350 morti, tra combattenti drusi, civili e personale governativo. In seguito agli scontri, il governo di transizione siriano guidato da Ahmad al-Sharaa ha annunciato il ritiro delle proprie truppe dalla zona, lasciando il controllo agli sceicchi drusi, secondo un accordo mediato dagli Stati Uniti.
Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha sottolineato che gli attacchi continueranno finché il regime di Damasco non cambierà atteggiamento, ribadendo la volontà di Tel Aviv di proteggere la minoranza drusa e di mantenere la Siria meridionale smilitarizzata. Katz ha inoltre diffuso un video che mostra la sorpresa di una conduttrice televisiva siriana durante un raid israeliano, accompagnato da un messaggio di avvertimento rivolto al governo siriano.
Contesto e implicazioni geopolitiche
L’escalation militare si inserisce in un quadro complesso, in cui Israele e Siria si trovano in un fragile equilibrio dopo decenni di conflitto. Israele, che occupa le alture del Golan dal 1967, accusa Damasco di permettere il dispiegamento di forze ostili al confine e utilizza la questione drusa come pretesto per rafforzare la propria influenza nella regione. La comunità drusa, presente sia in Siria che in Israele, si trova così al centro di un delicato gioco politico e militare. In Israele, infatti, i drusi sono considerati una minoranza leale e strategica, mentre in Siria la loro autonomia è in bilico, con il governo di transizione che cerca di garantire un controllo più stretto.
Le tensioni sono ulteriormente aggravate dalle proteste della comunità drusa israeliana, che ha proclamato uno sciopero generale e una “giornata di rabbia” in solidarietà con i drusi siriani. Tuttavia, il premier Netanyahu ha invitato alla calma, scoraggiando il superamento del confine per evitare rischi di rapimenti o uccisioni.
Il ministero degli Esteri siriano ha condannato duramente gli attacchi israeliani, definendoli un tentativo calcolato di minare la stabilità nazionale e l’unità siriana in un momento cruciale per il paese, appena uscito da anni di guerra civile e in attesa di ricostruzione.
Impatto regionale e prospettive future
Il conflitto in Siria rimane uno degli scenari più instabili del Medio Oriente, con il governo centrale che controlla attualmente solo il 60-70% del territorio nazionale. Le violenze settarie, in particolare tra drusi, beduini e forze governative, continuano a minacciare la fragile coesione sociale. Sul fronte internazionale, gli Stati Uniti, insieme a Gran Bretagna, Francia e Germania, stanno cercando di mediare per evitare un’escalation ulteriore, ma con scarsi risultati fino ad ora.
Israele ha ribadito la propria intenzione di mantenere la Siria meridionale come zona demilitarizzata, impedendo la formazione di una “seconda Siria” al proprio confine, e ha promesso di continuare le operazioni militari per raggiungere questo obiettivo. Intanto, il governo di Damasco, pur indebolito, cerca di riaffermare la propria sovranità sulle aree contese, mentre le comunità locali, in particolare quella drusa, rischiano di diventare pedine di un conflitto più ampio che coinvolge attori regionali e internazionali.






