TEL AVIV, 7 agosto 2025 – Mentre si avvicina la riunione del gabinetto di sicurezza israeliano convocata per oggi alle 18 a Gerusalemme, emergono dettagli sul cosiddetto “Piano Netanyahu” per l’eventuale occupazione della Striscia di Gaza, che prevede un’operazione militare graduale della durata stimata di 4-5 mesi. L’operazione inizierà con la presa di Gaza City e comporterà l’evacuazione di circa un milione di abitanti, pari a metà della popolazione della Striscia.
Piano Netanyahu: preparativi per l’evacuazione di Gaza e assistenza umanitaria
Secondo quanto riferito dall’emittente israeliana Channel 12, l’operazione logistica (il cosiddetto Piano Netanyahu) per lo sfollamento di Gaza durerà alcune settimane e sarà accompagnata dalla costruzione di infrastrutture temporanee, come ospedali mobili e complessi abitativi costituiti da tende o container, per accogliere gli sfollati. Parallelamente, è prevista un’intensificazione della distribuzione degli aiuti umanitari: l’amministrazione statunitense, con il sostegno di altri Paesi, investirà circa un miliardo di dollari per aumentare i centri di distribuzione alimentare da 4 a 16, con l’obiettivo di separare l’assistenza dalla gestione di Hamas e garantire un supporto diretto alla popolazione civile nella Striscia.
Questa nuova fase di assistenza si inserisce in un contesto di grave crisi umanitaria: secondo la Fao, solo l’1,5% del terreno agricolo di Gaza è attualmente coltivabile, mentre il Programma Alimentare Mondiale (Pam) denuncia come circa 500.000 persone stiano morendo di fame nella Striscia, sottolineando la necessità di un corridoio terrestre per la distribuzione su larga scala degli aiuti.
Possibile annessione del “perimetro” e tensioni politiche interne
Contestualmente al piano di occupazione, il governo israeliano sta valutando di rendere permanente il controllo sul cosiddetto “perimetro”, la fascia di sicurezza che Israele controlla dall’inizio del conflitto, adiacente alla barriera di confine. Tale decisione è oggetto di discussioni interne e si inserisce in un clima di tensioni politiche, con contrasti tra la leadership politica e i vertici militari. Il capo di stato maggiore delle Forze di Difesa israeliane (Idf), Eyal Zamir, ha dichiarato di voler continuare a esprimere la propria posizione in modo indipendente e professionale, sottolineando la centralità della difesa dello Stato.
Governo israeliano: decisioni centralizzate e tensioni interne
Secondo quanto riferito da funzionari israeliani, il gabinetto si è ridotto a un mero “timbro di gomma”, poiché ogni decisione militare e politica, inclusa quella sull’occupazione di Gaza, sarebbe già stata definita in anticipo da Netanyahu. Il clima all’interno delle riunioni è caratterizzato da fughe di notizie, scontri verbali e discussioni spesso sterili, con diversi ministri esclusi dai processi decisionali.
Un’eccezione è rappresentata dalla ministra Orit Strock, che si distingue per la sua competenza e la capacità di porre domande puntuali sulle strategie militari adottate dall’esercito israeliano (IDF). Tuttavia, anche i suoi interventi sembrano non ricevere l’attenzione dovuta. Frequenti sono inoltre i contrasti tra i ministri di destra e il capo di stato maggiore Eyal Zamir, con Netanyahu che tenta di mantenere un dibattito “decoroso” senza però sempre riuscirci.
L’ex capo di stato maggiore Herzi Halevi è stato in passato spesso bersaglio delle critiche di figure come Itamar Ben Gvir, Bezalel Smotrich e Miri Regev, esponenti della destra israeliana. Questi scontri riflettono un quadro politico interno complesso e segnato da tensioni tra leadership militare e politica.






