Le recenti rivelazioni sull’operazione militare statunitense nei confronti del programma nucleare iraniano hanno chiarito alcuni aspetti cruciali riguardo ai bombardamenti sul sito strategico di Isfahan. Durante un briefing riservato al Congresso, il Capo di Stato Maggiore americano, Dan Caine, secondo un’indiscrezione riportata dalla CNN, ha spiegato perché non siano state impiegate le cosiddette super bombe contro questo obiettivo, mettendo in luce le difficoltà tecniche e strategiche legate alla profondità e alla struttura dei laboratori sotterranei.
La profondità del sito di Isfahan e le limitazioni delle super bombe
Secondo quanto rivelato dalla Cnn, l’Air Force statunitense ha evitato di usare le GBU 57, le bombe bunker buster più potenti in dotazione, poiché i laboratori nucleari di Isfahan risultano troppo profondi per essere raggiunti efficacemente da un attacco di questo tipo. I bunker ipogei di Isfahan, così come quelli di Natanz, sono stati progettati per resistere a colpi di tale potenza e difficilmente possono essere distrutti con attacchi aerei convenzionali.
Il generale Caine ha inoltre sottolineato che circa 400 chilogrammi di uranio arricchito potrebbero essere stati trasferiti al sito prima dell’attacco, sebbene non sia ancora chiaro se tale materiale sia stato distrutto o spostato. Questa incertezza permane anche per via delle immagini satellitari più recenti che mostrano mezzi al lavoro vicino agli ingressi di alcuni tunnel, probabilmente impegnati a liberare l’accesso, mentre altri tunnel rimangono sigillati, secondo l’esperto Jeffrey Lewis del Middlebury Institute.
Le operazioni militari e la risposta internazionale
L’operazione nota come Martello di Mezzanotte ha colpito in modo mirato soprattutto le strutture di Fordow e Natanz con le super bombe, mentre Isfahan è stato oggetto di attacchi con missili cruise lanciati da un sottomarino. Questi raid, insieme agli interventi dell’aviazione israeliana, hanno causato danni visibili in superficie, ma le conseguenze nelle strutture sotterranee sono ancora oggetto di valutazioni contrastanti.
L’AIEA ha confermato danni significativi agli impianti, ma le analisi preliminari dell’intelligence militare e della CIA hanno adottato un approccio più prudente sulle reali ripercussioni, stimando un rallentamento del programma nucleare iraniano che potrebbe variare da pochi mesi fino a tre anni. Questa ampia forbice riflette anche le tensioni politiche che influenzano le valutazioni sulla crisi nucleare.
Rafael Grossi, direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ha ribadito la difficoltà nel determinare se una parte consistente dell’uranio arricchito sia stata spostata o distrutta, sottolineando come l’Iran abbia investito risorse importanti per proteggere il proprio settore strategico in anticipo rispetto alle mosse nemiche.
Isfahan: una città dal ricco patrimonio culturale e strategico
Situata nel cuore dell’Iran centrale, Esfahan (o Isfahan) è una metropoli storica di oltre 2,8 milioni di abitanti, nota per la sua straordinaria eredità architettonica e culturale. La città, affacciata sul fiume Zayandeh e circondata dalle montagne Zagros, si erge a 1.590 metri sul livello del mare, offrendo un clima semi-arido con siccità estiva ma con inverni rigidi nelle zone montuose.
Conosciuta nel mondo per la sua famosa Piazza Naqsh-e Jahān (intitolata ufficialmente all’Imam Khomeyni), dichiarata patrimonio UNESCO, Esfahan vanta monumenti come la Moschea dello Scià, il Palazzo Ali Qapu e il Bazar Reale, testimonianze dell’epoca d’oro sotto i Safavidi nel XVI e XVII secolo. La città ha una storia millenaria che l’ha vista protagonista nel corso di numerose dinastie, da quella sasanide ai Grandi Selgiuchidi, fino al periodo safavide, quando divenne capitale e fulcro politico, economico e culturale dell’Impero persiano.
Oggi, oltre al suo valore storico e culturale, Esfahan riveste un ruolo strategico nel contesto nucleare iraniano, ospitando impianti che sono stati al centro degli ultimi attacchi internazionali.
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