Gerusalemme, 16 giugno 2025 – Una notte di paura e attesa in un bunker spoglio, sotto il parcheggio di un albergo nel cuore di Gerusalemme. È qui che Moreno Caporalini, manager perugino impegnato in un progetto di cooperazione internazionale in Palestina, ha trascorso le ore di allerta per i missili iraniani. Una testimonianza che racconta la difficile quotidianità di chi vive in una città che, nonostante la sua storia millenaria e il valore simbolico, è oggi scenario di tensioni e conflitti.
Il rifugio blindato a Gerusalemme: un’esperienza di guerra
“Abituarsi alla guerra è veramente complicato”, ha raccontato Caporalini all’ANSA dopo una notte praticamente insonne. La stanza è stata costruita sotto terra, vicino al parcheggio dell’albergo, blindata ma priva di qualsiasi arredo, con solo qualche sedia di plastica a disposizione. L’allarme è scattato due volte, la prima domenica sera e poi alcune ore dopo. Il suono del warning sul cellulare è stato, secondo il manager, “forte e inquietante”. Poco dopo si sono viste in lontananza le scie dei missili e, dopo circa venti minuti, sono scattate le sirene d’allarme che hanno imposto il rifugio nel bunker per circa 15-20 minuti.
Situata a circa venti chilometri dalle aree colpite dai missili, Gerusalemme ha avvertito chiaramente i boati forti tanto da far tremare i muri. Per Caporalini, che lavora per Felcos Umbria nell’ambito della cooperazione internazionale per la gestione ambientale e dei rifiuti in Palestina, l’atmosfera è di una guerra vera, palpabile e costante.
Cooperazione e difficoltà nel cuore del Medio Oriente
L’esperienza di Caporalini si inserisce in un contesto più ampio, segnato da un conflitto che coinvolge non solo la sicurezza, ma anche la vita quotidiana e le attività educative. A Gerusalemme e nei territori palestinesi, l’Unrwa, l’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, sta affrontando gravi difficoltà dopo il bando imposto dal Parlamento israeliano, che limita fortemente le sue attività. Questa situazione lascia una generazione di giovani palestinesi senza istruzione e con poche prospettive, mentre migliaia di famiglie sono costrette a vivere tra sfollamenti, violenze e sospensioni delle attività scolastiche.
In questo clima, Caporalini e altri operatori internazionali cercano di portare avanti progetti di sviluppo sostenibile e governance locale, nonostante la chiusura degli aeroporti e le difficoltà di movimento in una regione dove ogni giorno si respira la tensione della guerra.
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