Gerusalemme, 4 agosto 2025 – Prosegue senza sosta il conflitto tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, con un’escalation che ha già provocato migliaia di vittime e una crisi umanitaria senza precedenti. Il governo israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu, ha ufficialmente deciso di occupare l’intera Striscia di Gaza per porre fine al controllo di Hamas e liberare gli ostaggi, con il sostegno degli Stati Uniti.
Decisione strategica e sostegno internazionale
Un alto funzionario dell’ufficio di Netanyahu ha dichiarato a Channel 12 che «la decisione è stata presa, occupiamo Gaza». L’operazione militare viene giustificata dall’impossibilità di ottenere il rilascio degli ostaggi senza una resa totale di Hamas, che detiene circa 50 israeliani prigionieri. In parallelo, fonti israeliane hanno riferito che il presidente statunitense Donald Trump ha dato il via libera all’operazione militare, sottolineando che Hamas non è interessata a un accordo diplomatico. La linea di Netanyahu si basa sull’idea che solo una vittoria militare potrà garantire la sicurezza di Israele e la liberazione degli ostaggi.
Il premier israeliano ha inoltre lanciato un appello urgente alla Croce Rossa affinché fornisca assistenza alimentare e medica agli ostaggi, mentre Hamas ha risposto affermando la propria disponibilità a collaborare con la Croce Rossa, a condizione che Israele apra corridoi umanitari permanenti e sospenda gli attacchi aerei durante le consegne.
Crisi umanitaria e tensioni legali interne
Il conflitto, iniziato il 7 ottobre 2023 con l’attacco di Hamas che causò oltre 1.300 morti e il rapimento di più di 200 persone, ha generato una catastrofe umanitaria. L’Onu denuncia che solo il 10% degli aiuti raggiunge i civili palestinesi e che ordini di evacuazione israeliani spingono la popolazione verso aree sovraffollate e senza rifugi adeguati. Secondo l’Unicef, in media 28 bambini palestinesi muoiono ogni giorno a causa degli attacchi e del blocco degli aiuti.
Nel frattempo, la tensione politica interna israeliana si è acuita: il governo ha votato per licenziare la procuratrice generale Gali Baharav-Miara, accusata di ostacolare decisioni politiche, ma l’Alta Corte di Giustizia ha bloccato temporaneamente la rimozione, ribadendo il valore vincolante dei pareri della procuratrice. Questo scontro istituzionale si inserisce in un contesto di crescenti pressioni sulla gestione del conflitto.
Attacchi mirati e dinamiche regionali
L’esercito israeliano ha intensificato le operazioni militari, compresi attacchi con droni nel Libano meridionale contro miliziani di Hezbollah, che secondo fonti israeliane avrebbero violato i termini del cessate il fuoco del novembre 2024. Nel frattempo, Hamas continua a mantenere il controllo di Gaza e rifiuta negoziati a meno che non vengano garantiti almeno 250 camion di aiuti umanitari al giorno.
Sul fronte internazionale, il presidente francese Emmanuel Macron ha ribadito il sostegno al Libano, ricordando il drammatico anniversario dell’esplosione al porto di Beirut, mentre il presidente russo Vladimir Putin ha offerto la propria disponibilità a facilitare negoziati, anche sul tema nucleare iraniano, in una telefonata con Netanyahu.
Proteste, appelli e pressioni internazionali
La guerra ha suscitato proteste in Israele e all’estero: centinaia di persone hanno manifestato a Gerusalemme contro il tentativo del governo di rimuovere la procuratrice generale. Inoltre, circa 600 ex funzionari della sicurezza israeliana, tra cui ex capi del Mossad e dell’Idf, hanno scritto a Donald Trump chiedendo di mediare per fermare il conflitto e puntare al ritorno degli ostaggi attraverso accordi politici, sostenendo che Hamas non rappresenti più una minaccia strategica.
In Italia, la recente premiazione del ministro Matteo Salvini con il premio Italia-Israele ha provocato dure critiche da parte delle opposizioni, che hanno denunciato una «vergogna» e una posizione di silenzio di fronte alla tragedia umanitaria a Gaza.
La situazione rimane estremamente fluida, con attacchi israeliani che continuano a colpire la popolazione palestinese, e Hamas che mantiene una posizione ferma sulla necessità di un miglioramento immediato delle condizioni umanitarie per riprendere i negoziati. Le prossime ore saranno decisive per definire l’evoluzione del conflitto e la sorte degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas.






