New York, 22 novembre 2025 – Dopo mesi di insulti, accuse e tensioni politiche, Donald Trump ha cambiato tono e strategia su Mamdani. Il presidente ha ricevuto alla Casa Bianca il nuovo sindaco di New York, Zohran Mamdani, assicurando di volerlo sostenere: “Sono sicuro che farà un buon lavoro, lo aiuterò a realizzare i suoi sogni per New York”. Un’apertura sorprendente se si pensa che fino a poco tempo fa Trump lo definiva un giovane estremista allo sbaraglio, addirittura un comunista, e lo attaccava costantemente nelle sue apparizioni pubbliche.
L’incontro tra Trump e Mamdani
L’incontro aveva un obiettivo preciso: stabilire se due figure tanto distanti per stile, visione politica e storia personale potessero trovare un terreno comune su cui collaborare, o se avrebbero scelto di esasperare le differenze in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Per ora, almeno a parole, la via scelta è quella del pragmatismo. “Lavoreremo insieme”, ha dichiarato Trump, aggiungendo che il sindaco lo aveva sorpreso positivamente: “Siamo d’accordo molto più di quanto mi aspettassi”.
Le distanze restano tuttavia profonde. Trump, ex costruttore newyorkese arricchitosi senza scrupoli, incarna la classe dei miliardari che secondo Mamdani hanno contribuito a rendere la città sempre più inaccessibile a lavoratori e ceto medio. Da presidente, Trump ha poi privilegiato politiche orientate verso l’elettorato bianco e conservatore, in aperto contrasto con lo spirito multiculturale e progressista di New York, che ha trovato in Mamdani il suo nuovo paladino.
Q: Stefanik has called Mamdani a ‘jihadist.’ Do you think you’re standing next to a jihadist right now?
TRUMP: No, I don’t. I met with a man who’s a very rational person pic.twitter.com/DrdUFhwNHX
— Aaron Rupar (@atrupar) November 21, 2025
L’agenda politica del sindaco riformista
Il sindaco, infatti, ha impostato la sua agenda sull’emergenza disuguaglianze e sull’insostenibilità economica della vita nella metropoli. Le sue misure principali includono il congelamento degli affitti, il trasporto pubblico e l’assistenza all’infanzia gratuiti, la creazione di supermercati comunali per offrire cibo di qualità a prezzi accessibili e l’aumento del salario medio a 30 dollari l’ora. Un piano ambizioso da 7 miliardi di dollari, che Mamdani vuole finanziare attraverso un aumento delle tasse per le grandi aziende e per chi ha redditi superiori al milione di dollari l’anno. Per Trump tutto ciò è sinonimo di comunismo, ma è anche una minaccia diretta ai suoi interessi personali e a quelli del suo entourage.
Il presidente teme inoltre che l’approccio di Mamdani alla sicurezza — in particolare la presunta “debolezza” contro la criminalità e la mancata collaborazione con gli agenti federali dell’immigrazione per le deportazioni — possa mettere a rischio non solo New York, ma anche uno dei punti cardine della sua agenda politica. Nonostante ciò, ha cercato un tono conciliante: “Troveremo un’intesa, perché il sindaco non vuole la criminalità”. Perfino sul Medio Oriente i due hanno individuato obiettivi comuni, pur partendo da posizioni molto distanti: Mamdani è arrivato a chiedere l’arresto del premier israeliano Netanyahu, ma Trump ha preferito insistere sull’idea condivisa della necessità di pace.

Il piano dietro all’avvicinamento
Trump potrebbe tuttavia sfruttare le differenze con Mamdani per dipingere i democratici come un partito in mano agli estremisti, in modo da indebolirli in vista delle elezioni di midterm dell’anno successivo. Avrebbe vari strumenti per farlo: potrebbe schierare la Guardia Nazionale nelle strade, come già accaduto in altre città, o sottrarre a New York i 7 miliardi di dollari che il governo federale invia annualmente, una cifra simbolicamente identica al costo del programma del sindaco. Un segnale lo ha già lanciato durante lo “shutdown”, bloccando 18 miliardi di dollari destinati a opere cruciali, come il nuovo tunnel sotto l’Hudson e l’estensione della metropolitana sulla Seconda Avenue. D’altra parte, però, non sarebbe nel suo interesse diventare l’artefice del declino della città dove è nato e che ha contribuito alla sua immagine pubblica.
Accanto alle divergenze, emergono somiglianze sorprendenti. Entrambi nati nel Queens, Trump e Mamdani hanno vinto elezioni considerate improbabili, sconfiggendo l’establishment grazie a forme diverse ma parallele di populismo e a un uso intensivo dei social media. In privato, Trump ha riconosciuto le qualità politiche del nuovo sindaco e ha rivelato un dettaglio curioso: “Molti miei elettori lo hanno votato”. Entrambi, inoltre, devono affrontare il tema pressante del caro vita. La recente sconfitta repubblicana nelle elezioni del 4 novembre ha ricordato a Trump che senza soluzioni concrete il rischio è di un’altra disfatta nel 2026, che lo renderebbe politicamente irrilevante e metterebbe in crisi persino la sua capacità di influenzare la successione alla Casa Bianca.






