Gaza, 6 ottobre 2025 – Nel contesto del conflitto israelo-palestinese, la leadership di Hamas ha ribadito, nel corso dei negoziati indiretti in Egitto per la fine della guerra, che non intende rinunciare al proprio arsenale militare finché non si raggiungerà la fine dell’occupazione israeliana e sarà formalmente riconosciuto uno Stato Palestinese sovrano e indipendente.
La posizione di Hamas sull’uso delle armi
Nel corso degli ultimi mesi, dopo le tensioni crescenti e le operazioni militari nella Striscia di Gaza, il movimento islamista ha ribadito che il disarmo non sarà mai una scelta unilaterale senza la garanzia di una soluzione politica che rispetti i diritti palestinesi. La leadership ha chiarito che la rinuncia all’arsenale avverrà solamente nel momento in cui si realizzerà la completa cessazione dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi e verrà istituito un Stato Palestinese riconosciuto a livello internazionale.
Fonti egiziane riferiscono che Hamas sta cercando garanzie concrete sul ritiro delle truppe israeliane in caso di rilascio degli ostaggi. Il gruppo palestinese teme che Israele possa ritirarsi dai negoziati una volta recuperati i suoi cittadini prigionieri.
I raid israeliani continuano
Sebbene Trump abbia invitato Israele a sospendere i bombardamenti durante i colloqui, gli attacchi nella Striscia non si sono completamente fermati. Le autorità sanitarie palestinesi riferiscono di 19 vittime nelle ultime 24 ore, circa un terzo del bilancio giornaliero medio delle scorse settimane, segnate da un’intensa offensiva israeliana su Gaza City.
L’avvio dei colloqui coincide con il secondo anniversario dell’attacco di Hamas contro Israele, in cui furono uccise 1.200 persone e 251 prese in ostaggio. In risposta, la campagna militare israeliana ha provocato oltre 67.000 vittime palestinesi e ha lasciato la maggioranza dei 2,2 milioni di abitanti della Striscia senza casa né beni essenziali.
La popolazione di Gaza guarda ai colloqui come all’ultima possibilità di salvezza. “Se c’è un accordo, sopravviviamo. Se non c’è, è come una condanna a morte”, ha dichiarato Gharam Mohammad, 20 anni, sfollata con la sua famiglia nel centro della Striscia.
In Israele cresce la pressione dell’opinione pubblica per il ritorno degli ostaggi, anche se alcune frange della destra al governo si oppongono a qualsiasi cessazione delle ostilità. Secondo alcune fonti diplomatiche, il termine di 72 ore indicato da Trump per il rilascio totale degli ostaggi potrebbe essere irrealizzabile, soprattutto nel caso dei corpi da recuperare in aree di guerra.






