All’alba del 13 ottobre 2025, poco dopo le sette del mattino (ora italiana), è cominciata la liberazione dei venti ostaggi ancora in vita detenuti da Hamas per oltre settecento giorni. I primi a essere rilasciati sono stati Gali e Ziv Berman, Matan Angrest, Alon Ohel, Omri Miran, Eitan Mor e Guy Gilboa-Dallal. Le prime informazioni confermano che tutti si trovano in condizioni di salute relativamente buone, nonostante le dure prove subite durante la prigionia.
Gli altri tredici ostaggi verranno liberati nel corso della giornata da diverse località della Striscia di Gaza. La maggior parte di loro era stata rapita durante il rave nella foresta di Be’eri, divenuto uno dei simboli della tragedia del 7 ottobre 2023; altri provengono dai kibbutz limitrofi, mentre un gruppo minore è composto da soldati catturati durante i primi attacchi.
I nomi degli ostaggi
In un comunicato, l’ala militare di Hamas ha diffuso i nomi dei venti ostaggi rilasciati, in continuità con le precedenti operazioni di liberazione. I loro nomi sono: Elkana Bohbot, Matan Angrest, Avinatan Or, Yosef-Haim Ohana, Alon Ohel, Evyatar David, Guy Gilboa-Dalal, Rom Braslavski, Gali Berman, Ziv Berman, Eitan Mor, Segev Kalfon, Nimrod Cohen, Maxim Herkin, Eitan Horn, Matan Zangauker, Bar Kupershtein, David Cunio, Ariel Cunio e Omri Miran.
Non figurano nell’elenco il soldato Tamir Nimrodi e il cittadino nepalese Bipin Joshi, ancora dispersi o trattenuti da Hamas in località ignote.
Le storie degli ostaggi
Gali e Ziv Berman, gemelli di ventotto anni con doppia cittadinanza tedesca e israeliana, erano stati prelevati dalle loro abitazioni nel kibbutz di Kfar Aza, vicino al confine con Gaza. Durante la prigionia sarebbero stati separati, ma entrambi risultano ora in buone condizioni.
Alon Ohel, ventiquattrenne pianista di talento con cittadinanza israeliana, tedesca e serba, era stato rapito da un rifugio antiaereo nei pressi del rave. Ferito durante la fuga, aveva perso la vista a un occhio e sarebbe rimasto incatenato per gran parte della prigionia.
Matan Zangauker, venticinquenne, era stato catturato insieme alla compagna, successivamente liberata. Sua madre è diventata una delle voci più note del movimento per la liberazione degli ostaggi, criticando duramente il governo Netanyahu.
Ariel e David Cunio, di ventotto e trentacinque anni, erano stati rapiti con altri membri della loro famiglia, poi rilasciati. Tra questi anche la figlia di David, oggi di cinque anni.
Omri Miran, quarantottenne di Nahal Oz, era stato sequestrato davanti alle figlie, che da due anni attendono il suo ritorno. Eitan Horn, trentanovenne, si trovava nel kibbutz di Nir Oz per visitare il fratello, rapito anch’egli e liberato in precedenza.
Guy Gilboa-Dalal, ventiquattrenne, e il suo amico Evyatar David erano stati presi al festival Nova. In un video diffuso mesi fa da Hamas si vedevano i due assistere al rilascio di altri prigionieri, implorando Israele di non dimenticarli. In un’altra registrazione, David appariva in condizioni drammatiche, costretto a scavare una fossa nel buio di un tunnel.
Avinatan Or, trentaduenne, fu rapito durante lo stesso festival insieme alla fidanzata Noa Argamani, liberata la scorsa estate da un’operazione delle forze israeliane. Bar Kupershtein, ventitreenne, lavorava come addetto alla sicurezza del festival e aveva aiutato diversi partecipanti a fuggire prima di essere catturato.
Eitan Mor, venticinquenne, anche lui nel servizio di sicurezza del rave, è stato rapito dopo aver cercato di proteggere altri giovani. Rom Braslavski, ventunenne di doppia cittadinanza israeliana e tedesca, era anch’egli tra il personale di sicurezza. In un video della Jihad islamica palestinese, appariva gravemente denutrito e ferito alle mani, incapace di reggersi in piedi.
Yosef Haim Ohana, venticinquenne barista, era stato rapito dopo aver soccorso altre persone. In un messaggio diffuso a maggio da Hamas aveva detto: “Un intero Paese vuole che questo incubo finisca”. Con lui compariva Elkana Bohbot, trentaseienne e padre di un bambino, anch’egli impiegato al festival Nova, descritto dai compagni di prigionia come apatico e afflitto da episodi di autolesionismo.
Nimrod Cohen, ventunenne soldato di leva, era di guardia vicino al confine quando fu catturato. Maxim Herkin, trentasettenne di origine ucraina, era tra i partecipanti al festival; in un video aveva raccontato che “gli ostaggi non si sentono più esseri umani”.
Matan Angrest, ventiduenne soldato israeliano, fu catturato mentre si trovava su un carro armato in fiamme e successivamente incatenato e picchiato. Segev Kalfon, ventisettenne, fu visto per l’ultima volta lungo l’autostrada mentre tentava di scappare dal massacro del festival Nova.
Un ritorno atteso e una ferita ancora aperta
La liberazione dei venti ostaggi segna una tappa decisiva dopo oltre due anni di trattative e di pressioni internazionali. Tuttavia, il bilancio umano resta tragico: centinaia di persone rapite nel 2023 non sono mai tornate a casa, e molte risultano ancora disperse.
Le immagini dell’arrivo dei primi liberati, accolti da familiari e medici, riportano alla memoria la portata del trauma collettivo che Israele e Gaza continuano a vivere. Mentre le autorità israeliane confermano che i rilasci proseguiranno nelle ore successive, resta viva la speranza che questo nuovo capitolo possa aprire la strada alla liberazione definitiva di tutti i prigionieri ancora trattenuti.
Per approfondire: Hamas rilascia i primi sette ostaggi israeliani. Trump: “La guerra è finita”






