Vance eWashington, 13 agosto 2025 – La successione presidenziale negli Usa è già ufficialmente aperta con un anticipo di oltre tre anni rispetto alle elezioni del 2028. Il presidente Donald Trump, tornato alla Casa Bianca nel gennaio 2025 per il suo secondo mandato, ha indicato pubblicamente due figure chiave come suoi potenziali eredi alla guida del movimento Make America Great Again (MAGA): il vice presidente J. D. Vance e il segretario di Stato Marco Rubio. Questo endorsement duplice ha dato il via a una competizione interna nel partito repubblicano, con implicazioni che si riflettono anche nella politica estera americana.
La corsa alla leadership repubblicana dopo Trump: Vance e Rubio sul ring
Trump ha definito Vance il “probabile favorito” per la sua successione, pur riconoscendo che Rubio è in una posizione di forza. In conversazioni private trapelate, il presidente ha scherzato sull’eventuale ticket per il 2028, immaginando un duello a due con combinazioni possibili di candidati e vice: “Ho sempre pensato che sarà Vance-Rubio, ma potrebbe anche essere Rubio-Vance“. Tale dichiarazione indica chiaramente che entrambi dovranno guadagnarsi la sua investitura, mentre si definisce un “patto di non belligeranza” tra i due che ha già inciso sull’orientamento delle decisioni politiche.
Vance e Rubio a confronto
Le storie personali e politiche dei due protagonisti sono molto diverse. James David Vance, 40 anni, originario dell’Ohio, ha vissuto un’infanzia segnata da difficoltà economiche e familiari, come raccontato nel suo bestseller Elegia americana (Hillbilly Elegy), che ha messo in luce le tensioni sociali nella Rust Belt, l’America operaia e bianca che si è sentita tradita dalle élite. Vance non fu inizialmente un sostenitore di Trump nel 2016, anzi lo criticò, ma in seguito è diventato uno dei suoi più fedeli alleati, arrivando a ricoprire il ruolo di 50º Vicepresidente degli Stati Uniti d’America dal gennaio 2025. Da vicepresidente, ha assunto posizioni inizialmente isolazioniste e critiche verso le alleanze transatlantiche, con un atteggiamento sospetto verso l’Unione europea e l’Ucraina, come emerso dall’incontro teso con il presidente ucraino Zelensky nello Studio Ovale.
Dall’altra parte, c’è Marco Rubio, 54 anni, senatore della Florida e segretario di Stato, con un passato da anti-trumpiano: nel 2016 definì Trump un “truffatore” durante le primarie repubblicane, subendo in risposta il soprannome dispregiativo di “Little Marco”. Nel corso degli anni, però, Rubio ha mantenuto una fedeltà a una tradizionale linea di politica estera conservatrice, caratterizzata da una posizione ferma contro la Cina e la Russia. Come capo del National Security Council e ministro degli Esteri, è diventato una figura centrale nelle strategie internazionali degli Usa. La sua politica si ispira al patrimonio repubblicano, incarnato da Ronald Reagan, con una forte opposizione a compromessi con Putin o Xi Jinping.
Convergenze strategiche e impatti sulla politica estera americana
Nonostante le differenze originarie, le posizioni di Vance e Rubio si stanno progressivamente avvicinando, influenzando il modo in cui Trump gestisce la politica estera. Il vertice di Ferragosto in Alaska con Vladimir Putin, pur avendo caratteristiche di bilateralità volute dal presidente russo, è stato preparato con la mediazione e il coinvolgimento attivo di entrambi. Vance ha partecipato a incontri virtuali con i leader europei e con Zelensky, mentre Rubio ha dialogato direttamente con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.
Questa convergenza ha portato Trump a un atteggiamento meno conflittuale verso l’Europa e l’Ucraina, con toni più concilianti e una maggiore apertura al dialogo tra alleati. Tuttavia, il presidente ha mantenuto ferme alcune posizioni dure, come la minaccia di imporre un dazio del 50% sull’India se continuerà ad acquistare petrolio russo, e la considerazione di possibili sanzioni contro Mosca, spinta in particolare da Rubio e da altri esponenti repubblicani.
Il “patto di non belligeranza” tra i due delfini della politica trumpiana, Vance e Rubio, ha quindi modificato l’orientamento di partenza, riducendo l’iniziale “putinismo” di Vance e bilanciando così la strategia internazionale americana. Il risultato di questi equilibri sarà osservato con attenzione negli sviluppi futuri, in particolare in vista delle elezioni di medio termine e della campagna presidenziale del 2028.






