Nonostante un quadro internazionale caratterizzato da guerre, tensioni geopolitiche e incertezze commerciali, il settore italiano dei vini, spiriti e aceti conferma la sua forza come pilastro strategico dell’agroalimentare nazionale. I dati Nomisma per l’Osservatorio Federvini, presentati oggi all’Assemblea generale di Federvini a Roma, testimoniano un’ulteriore crescita dell’export italiano nel 2024, che ha raggiunto i 10,5 miliardi di euro, con un saldo commerciale positivo di 8,9 miliardi, consolidando la leadership dell’Italia sui mercati internazionali
Un settore solido nonostante le sfide internazionali
La filiera italiana conta oltre 40mila imprese industriali e garantisce l’occupazione diretta di più di 81mila addetti. Il neo-presidente di Federvini, Giacomo Ponti, ha sottolineato l’importanza di creare valore non solo economico ma anche reputazionale per le imprese e i territori italiani: «Federvini sarà un presidio forte e competente per un’Italia che produce, innova e dialoga con il mondo, con orgoglio e responsabilità». I consumi interni, pur cauti, mostrano segnali di vitalità, con una deflazione dei prezzi delle bevande alcoliche e una crescita nel comparto alimentare e del food service. A maggio 2025 si è registrato un rimbalzo della fiducia di consumatori e imprese, anche se i volumi di vendita al dettaglio restano contenuti, con una crescita più evidente nei canali discount.
L’impatto dei dazi USA: un rischio concreto per il Made in Italy
Il settore deve però fronteggiare una sfida cruciale rappresentata dall’imminente applicazione di dazi USA al 20% su tutti i prodotti europei, incluso il vino, a partire dal 9 aprile 2025. Secondo Federvini e l’Unione Italiana Vini (UIV), questa misura rischia di far bruciare all’export vinicolo italiano circa 323 milioni di euro all’anno, con una quota di mercato statunitense che vale 2 miliardi e rappresenta il 25% dell’export vinicolo italiano. Le denominazioni più colpite, quali Moscato d’Asti, Pinot Grigio e Chianti Classico, vedranno una contrazione dei ricavi a causa dell’aumento dei prezzi al consumo.
L’impatto negativo si estende anche ad altri prodotti agroalimentari: Coldiretti stima che l’export italiano negli USA valga 7,8 miliardi di euro e che un dazio del 25% potrebbe far lievitare i costi per i consumatori americani di circa 2 miliardi. Paolo Castelletti, segretario generale di UIV, ha evidenziato che l’80% del vino italiano venduto negli USA ha un prezzo medio basso, e che i margini dei produttori non consentono ulteriori sacrifici, con il rischio di indebolire la competitività del Made in Italy.
In risposta, Federvini sollecita una reazione compatta delle istituzioni europee e propone un’alleanza strategica con gli importatori americani per condividere gli oneri dei dazi, mentre la Commissione Europea ha annunciato possibili ritorsioni proporzionate. La presidente di Federvini, Micaela Pallini, ha definito i dazi un colpo gravissimo per un settore che coinvolge 40.000 imprese e 450.000 lavoratori, richiamando all’unità e all’innovazione per affrontare la crisi commerciale.






