Nuovi dati diffusi dall’Istat nel Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes) 2024 confermano che l’Italia si colloca al di sopra della media europea per il rischio di povertà e disuguaglianza, evidenziando una situazione economica e sociale complessa che richiede attenzione.
Italia sopra la media Ue per rischio di povertà e disuguaglianza
Secondo il rapporto, nel 2024 il rischio di povertà in Italia è pari al 18,9%, contro il 16,2% della media dei 27 Paesi dell’Unione Europea (Ue27). La disuguaglianza del reddito netto si attesta al 5,5% in Italia, un dato superiore rispetto al 4,7% della media europea. Questi dati sottolineano come nel contesto europeo l’Italia si trovi in una posizione di svantaggio su questi indicatori cruciali per la qualità della vita.
Tuttavia, il rapporto evidenzia anche alcuni aspetti positivi: l’Italia si distingue per un vantaggio nel sovraccarico del costo dell’abitazione, che è 3,1 punti percentuali sotto la media Ue, attestandosi all’8,2%. Inoltre, per quanto riguarda salute e sicurezza, il Paese presenta risultati migliori rispetto alla media europea, con una mortalità evitabile di 17,6 casi ogni 10mila abitanti contro i 25,8 dell’Ue27, una speranza di vita media di 84,1 anni (superiore agli 81,7 anni europei) e un tasso di omicidi tra i più bassi del continente (0,6 contro 0,9 ogni 100mila abitanti).
Nonostante questi aspetti incoraggianti, il dato complessivo sul rischio di povertà rimane allarmante, soprattutto se si considera che circa una persona su quattro in Italia è a rischio di grave deprivazione, una condizione che comprende difficoltà a permettersi un pasto regolare, a sostenere spese impreviste, o a pagare l’affitto.
Disuguaglianze territoriali e andamento degli indicatori di benessere
Il rapporto Bes evidenzia inoltre profonde disparità territoriali nel Paese. Le regioni del Nord e del Centro Italia, ad eccezione del Lazio, mostrano un livello di benessere superiore alla media nazionale: in queste aree almeno il 60% degli indicatori regionali analizzati ha valori migliori rispetto al resto del Paese. In particolare, le Province autonome di Trento e Bolzano, il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia superano il 70% di indicatori positivi.
Al contrario, le regioni del Mezzogiorno sono caratterizzate da una maggioranza di indicatori con valori peggiori rispetto alla media nazionale, con Campania e Puglia che registrano oltre sette indicatori su dieci in peggioramento. Questo quadro conferma la persistente divaricazione tra Nord e Sud, che si riflette anche nei livelli di occupazione, qualità dei servizi e condizioni economiche.
L’analisi degli indicatori Bes rivela che, nell’ultimo anno, solo il 34,3% degli indicatori disponibili è migliorato significativamente, mentre il 26,3% è peggiorato e il 39,4% si è mantenuto stabile. In particolare, nel dominio “Lavoro e conciliazione dei tempi di vita” sette indicatori su tredici sono in miglioramento, ma cinque risultano in peggioramento. Nel settore “Qualità dei servizi” si registra un equilibrio tra miglioramenti e peggioramenti, mentre nel campo “Sicurezza e Politica e istituzioni” si osserva la maggiore quota di indicatori in deterioramento.
Nel lungo periodo, tuttavia, la situazione appare più positiva con oltre la metà degli indicatori (70 su 128) in miglioramento. Tutti gli indicatori relativi alla sicurezza sono in crescita, così come la maggior parte di quelli legati a innovazione, ricerca, creatività, politica, istituzioni e benessere soggettivo. L’unico settore con una significativa quota di indicatori in peggioramento è quello delle relazioni sociali.
Il contesto europeo e le sfide future
In un’analisi più ampia, il confronto con il resto dell’Unione Europea mostra che la povertà e la disuguaglianza sono problemi in crescita in quasi tutti gli Stati membri. Nel 2024, circa 93 milioni di persone, pari al 21% della popolazione europea, erano a rischio di povertà o esclusione sociale, con una maggiore incidenza tra donne, giovani tra 18 e 24 anni e nuclei familiari con figli a carico.
L’Italia, con un indice di rischio povertà del 28,3%, si colloca tra i Paesi con i livelli più elevati, superata solo da Romania, Bulgaria, Grecia, Lettonia, Ungheria, Croazia e Spagna. Questo dato emerge da un dossier del Servizio Studi di Montecitorio e Palazzo Madama, che sottolinea inoltre come nel nostro Paese il lavoro povero e i bassi salari contribuiscano in modo significativo al rischio di esclusione sociale.
La situazione è aggravata dalle difficoltà legate alla composizione familiare, all’età e al livello di istruzione, fattori che influenzano fortemente la probabilità di trovarsi in condizioni di povertà. Eurostat definisce la “grave deprivazione” come la condizione di chi non può permettersi un pasto con carne, pollo o pesce ogni due giorni, non riesce a pagare affitti o mutui, non possiede un’auto o non può affrontare spese impreviste.
Il Rapporto evidenzia così la necessità di politiche mirate per migliorare l’occupazione, in particolare quella giovanile e femminile, e per ridurre le disuguaglianze, aspetti cruciali per evitare un peggioramento del Pil e del benessere collettivo nel medio-lungo termine.






