Tra esigenze finanziarie dell’Ucraina, dubbi legali e minacce di ritorsioni da Mosca, l’Unione europea accelera sul congelamento degli asset russi. L’Italia frena, il Belgio chiede garanzie, Putin promette vendetta; ma cosa sono esattamente? E perché sono così importanti? Ecco tutto ciò che c’è da sapere a riguardo.
Asset Russi: l’Ue spinge per il congelamento a oltranza
Nelle scorse ore il commissario europeo all’Economia Valdis Dombrovskis ha chiarito che il nuovo regolamento sul rinnovo sine die delle sanzioni anti-russe, ora all’esame del Consiglio Ue, “contribuirà alle discussioni sul prestito di riparazione” destinato all’Ucraina. Il passaggio decisivo è atteso per il vertice del 18 dicembre, quando i Ventisette dovranno sciogliere il nodo sull’utilizzo degli asset russi congelati.
L’obiettivo della Commissione è superare il meccanismo attuale, che impone un rinnovo semestrale delle sanzioni, e “porre l’immobilizzazione dei beni russi su solide basi giuridiche”. Secondo Dombrovskis, già entro oggi i governi potrebbero trovare un’intesa per prolungare il congelamento degli asset della Banca centrale russa in Ue “per tutto il tempo necessario”.
Servono 90 miliardi per Kiev, ma le risorse non ci sono
Il problema è eminentemente finanziario. All’Ue servono circa 90 miliardi di euro per sostenere il bilancio e la difesa dell’Ucraina. Risorse che, allo stato attuale, non sono disponibili. Per evitare di ricorrere a nuovo debito comune, Bruxelles guarda ai fondi russi congelati in Europa, che consentirebbero a Kiev di resistere almeno fino al 2027.

Per sbloccare l’operazione, la Commissione è pronta a ricorrere alla clausola di emergenza prevista dall’articolo 122 dei Trattati, già utilizzata durante le crisi economiche, energetiche e nel periodo della pandemia. Nella proposta si parla di un conflitto che ha avuto un “grave impatto economico”, generando interruzioni delle catene di approvvigionamento, incertezza e calo di investimenti e consumi. Da qui l’urgenza, secondo Bruxelles, di limitare i danni all’economia dell’Unione.
Il Belgio frena: “Troppi rischi legali”
Tra i Paesi più scettici c’è il Belgio, che custodisce circa 185 miliardi dei 210 miliardi di euro di asset russi detenuti in Ue, principalmente attraverso Euroclear. Il premier Bart De Wever chiede “garanzie di ferro” per tutelarsi da possibili contenziosi con Mosca.
Duro il suo giudizio sull’uso dell’articolo 122: “Sarebbe come irrompere in un’ambasciata, portar via tutti i mobili e venderli”, osserva, ricordando che “si tratta di denaro proveniente da un Paese con cui non siamo in guerra”. E avverte: se le richieste belghe non saranno ascoltate, Bruxelles potrebbe finire davanti ai giudici. “Se verrà presa una decisione manifestamente in contrasto con la legalità e troppo rischiosa per questo Paese, allora non si può escludere nulla”.
Asset russi: Putin promette vendetta e ritorsioni
Da Mosca la reazione non si è fatta attendere. Il Cremlino parla apertamente di “furto” e minaccia ritorsioni. La Russia stima in circa 300 miliardi di dollari gli asset occidentali congelati nei cosiddetti conti “di tipo C”, creati nel marzo 2022 come risposta alle sanzioni: azioni, obbligazioni societarie e titoli sovrani russi di proprietà di investitori dei Paesi considerati “ostili”.
Secondo stime citate da Reuters, Sberbank ha indicato che il 25% dei dividendi 2024 destinati a investitori stranieri è confluito in questi conti. Un’eventuale confisca, però, rischierebbe di innescare una spirale di sequestri incrociati, colpendo anche cittadini e imprese europee con interessi in Russia.
Voti favorevoli sugli asset russi, ma l’Italia resta prudente
Sul piano politico, la linea dura ha raccolto ampi consensi: 25 Paesi hanno votato a favore del congelamento prolungato degli asset, mentre Ungheria e Slovenia si sono espresse contro. Tuttavia, non sono mancate le riserve.
Belgio, Bulgaria, Italia e Malta hanno presentato una dichiarazione congiunta, riportata dal quotidiano belga Le Soir, invitando Commissione e Consiglio a esplorare “opzioni alternative conformi al diritto Ue e internazionale”, basate su meccanismi di prestito europeo o soluzioni transitorie, considerate meno rischiose.
Von der Leyen e Costa: “Messaggio forte a Mosca”
Di segno opposto le parole dei vertici europei. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha salutato la decisione del Consiglio come “un segnale forte alla Russia”: finché la guerra continuerà, “i costi per Mosca continueranno ad aumentare”. Un messaggio, ha aggiunto, rivolto anche a Kiev, per rafforzarne la posizione “sul campo di battaglia e al tavolo dei negoziati”.
Sulla stessa linea il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, che ha ricordato l’impegno preso a ottobre dai leader Ue a mantenere congelati i beni russi fino alla fine dell’aggressione e al risarcimento dei danni. “Prossimo passo – ha detto – garantire il fabbisogno finanziario dell’Ucraina per il 2026-2027”.
Palazzo Chigi: “Nessun precedente sull’unanimità”
Da Roma arriva una posizione di equilibrio. Fonti di Palazzo Chigi chiariscono che la decisione sul congelamento non pregiudica l’eventuale utilizzo futuro dei beni russi e non costituisce “in alcun modo un precedente” per il passaggio dall’unanimità alla maggioranza qualificata.
In vista del Consiglio europeo di dicembre, l’Italia ribadisce un approccio “pienamente costruttivo”, invitando però a valutare strade alternative, come prestiti Ue e soluzioni ponte, per garantire continuità al sostegno finanziario all’Ucraina senza forzature giuridiche.
Cosa sono gli asset russi congelati e perché sono così importanti
Gli asset russi congelati sono le riserve della Banca centrale di Mosca, stimate tra i 300 e i 350 miliardi di dollari, bloccate da G7 e Ue dopo l’invasione dell’Ucraina. Circa 190-210 miliardi di euro si trovano in Europa, soprattutto in Belgio; altri 100-110 miliardi di dollari negli Stati Uniti, prevalentemente in titoli di Stato. Il resto è distribuito tra Giappone, Canada, Regno Unito e altri Paesi alleati.
Per Bruxelles rappresentano una leva decisiva per finanziare la ricostruzione ucraina e garantire il rimborso dei prestiti concessi a Kiev. Per la Russia, invece, sono proprietà sovrana intoccabile. Un conflitto giuridico e politico che, oltre alle sanzioni, rischia di diventare uno dei dossier chiave anche nei futuri negoziati di pace.






