Napoli, 28 ottobre 2025 – Si è spento a 91 anni Domenico “Mimmo” Jodice, uno dei più grandi fotografi italiani, la cui opera ha rappresentato un ponte profondo tra la città di Napoli e la dimensione universale dell’arte fotografica. Con la sua scomparsa, Napoli perde una figura unica, capace di raccontare la città partenopea senza cedere a stereotipi, immergendosi nelle sue pieghe più nascoste e restituendone la complessità storica e culturale.
Mimmo Jodice: il fotografo della Napoli nascosta e del Mediterraneo
Nato nel cuore del Rione Sanità nel 1934, Mimmo Jodice è stato un fotografo militante, un artista che ha trasformato la sua professione in un viaggio di scoperta e riflessione. La sua vita, come ha spesso raccontato, è stata indissolubilmente legata a Napoli: “Se fossi nato a Milano o a Zurigo non avrei fatto il fotografo. Non sarei sopravvissuto alla mancanza del mare”, affermava con convinzione. E proprio Napoli, con le sue passioni, le sue contraddizioni, la sua storia millenaria, è stata la musa e il soggetto privilegiato della sua ricerca artistica.

Negli anni Settanta, Jodice ha vissuto una stagione culturale eccezionale a Napoli, che vide la città diventare crocevia di grandi artisti internazionali come Andy Warhol, Sol LeWitt, Joseph Beuys e altri, con cui intrecciò un dialogo creativo intenso, soprattutto presso la galleria Amelio di piazza Martiri. Il suo lavoro non si limitava a una semplice riproduzione del reale: Jodice rompeva gli schemi della fotografia tradizionale, sovrapponendo immagini, strappando e rielaborando le sue fotografie per restituire una visione più profonda e critica del mondo.
La sua battaglia iniziale contro la fotografia come semplice strumento di rappresentazione si trasformò poi in un impegno sociale concreto: negli anni Ottanta, insieme alla moglie Angela, sua compagna e collaboratrice di una vita, portò le sue immagini di denuncia nelle strade, affiggendo fotografie sui muri dei quartieri borghesi per smuovere le coscienze. Ma dopo il trauma del colera e del terremoto, Jodice si allontanò dalla rappresentazione diretta dell’uomo per rivolgersi alla storia e ai suoi testimoni più antichi: le pietre e le statue di Napoli e del Mediterraneo.
Un patrimonio artistico che attraversa i secoli
Jodice ha saputo risvegliare l’umanità nascosta nei volti marmorei delle statue antiche, facendo vibrare con la sua luce la memoria di un passato che non è mai solo storia, ma esperienza viva e pulsante. Le sue fotografie rappresentano un’archeologia delle emozioni, un viaggio che parte dal golfo di Napoli per abbracciare tutto il bacino del Mediterraneo e oltre, seguendo un filo invisibile che collega culture e civiltà.
La sua produzione è stata celebrata in numerose mostre internazionali, e solo recentemente ha ricevuto un tributo significativo al MAXXI di Roma, dove il regista Mario Martone ha realizzato un documentario dal titolo “Un ritratto in movimento”. Questa produzione ha offerto un viaggio intimo e professionale nel mondo di Jodice, raccontato attraverso le parole di chi lo ha conosciuto e collaborato con lui, da Angela Jodice a intellettuali e artisti di varie generazioni. La mostra “MIMMO JODICE. Mediterraneo” al MAXXI, visibile fino ad aprile 2024, approfondisce il legame profondo tra la sua opera e il Mediterraneo, luogo simbolico e reale della sua ricerca artistica.
Il lascito artistico e umano: la famiglia e le nuove generazioni
Mimmo Jodice non è stato solo un maestro della fotografia, ma anche un mentore per molte generazioni di giovani artisti. Dal 1970 al 1994 ha insegnato fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli, contribuendo a formare un’intera generazione di appassionati d’arte visiva. La sua eredità prosegue anche attraverso il figlio Francesco Jodice, anch’egli fotografo e artista di rilievo, che ha intrapreso un percorso autonomo ma dialogante con quello paterno.
Nel 2025, al MAXXI di Roma, è stato presentato il documentario “Oltre il confine. Le immagini di Mimmo e Francesco Jodice”, che ha messo in luce il dialogo artistico e generazionale tra padre e figlio. Francesco ha portato avanti una riflessione critica sul paesaggio sociale contemporaneo, intrecciando arte e antropologia urbana, e ha esposto progetti significativi in Italia e all’estero, come la mostra “WEST” all’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco dedicata all’ascesa e alla caduta dell’impero occidentale.
Oggi la memoria di Mimmo Jodice vive non solo nelle sue immagini, ma anche nella comunità artistica e culturale che ha contribuito a creare, nella continua riscoperta della storia e dell’identità mediterranea.
Un uomo mite, un artista visionario
Mimmo Jodice si distingueva per la sua umanità pacata e il suo rigore intellettuale. Era un uomo mite, taciturno, ma capace di grande intensità emotiva, che ha saputo attraversare le sofferenze personali e collettive senza mai perdere la sua capacità di meravigliarsi e di interrogare il mondo. La sua camera oscura nella casa di Posillipo, circondata dalle opere dei grandi artisti con cui ha collaborato, è stata il santuario di una creatività che ha saputo fondere l’arte antica con le sperimentazioni più contemporanee.
La sua riflessione sulla fotografia come mezzo di rappresentazione e non di mera documentazione ha segnato un punto di svolta nella cultura visiva italiana. Jodice ha sempre sostenuto che la fotografia deve andare oltre la superficie, strappare il velo di ipocrisia e di presunzione che spesso nasconde la realtà, per far emergere la verità profonda degli esseri umani e dei luoghi.
La sua visione del tempo storico, ispirata a figure letterarie come Darrell Standing di Jack London, si è tradotta in un viaggio poetico e filosofico attraverso il Mediterraneo e il mondo, un viaggio che continua a parlare con forza alle nuove generazioni di artisti e spettatori.
La scomparsa di Mimmo Jodice segna la fine di un’epoca, ma il suo sguardo resta, indelebile, a illuminare Napoli e il Mediterraneo, invitandoci a guardare oltre il visibile, a perderci per ritrovarci.






