Roma, 26 settembre 2025 – Si è tenuta questa mattina, a porte chiuse, una udienza presso la quarta sezione penale della Corte d’Appello di Roma in merito alla vicenda del generale libico Usāma al-Maṣrī Nağīm, noto come Almasri, accusato di crimini di guerra e crimini contro l’umanità dalla Corte Penale Internazionale (CPI). L’udienza, alla quale ha preso parte anche un rappresentante della CPI, era stata convocata per esaminare nel merito la richiesta di arresto e consegna avanzata dalla Corte dell’Aia, successivamente non eseguita a seguito della scarcerazione e del rimpatrio in Libia del generale.
Almasri, il procedimento davanti alla Corte d’Appello di Roma
L’udienza odierna ha rappresentato un passaggio procedurale davanti agli stessi giudici che nel gennaio 2025 avevano emesso l’ordinanza di scarcerazione di Almasri, negando la legittimità dell’arresto disposto dalla polizia giudiziaria italiana. La Corte aveva infatti ritenuto irrituale l’arresto del generale, eseguito senza il preventivo coinvolgimento del Ministero della Giustizia, come previsto dalla legge 237/2012 che regola i rapporti di cooperazione tra Italia e CPI. A motivare questa decisione era stata la lettura restrittiva della normativa italiana, che assegna al Ministro della Giustizia un ruolo esclusivo nella gestione delle richieste di arresto provenienti dalla Corte Penale Internazionale, escludendo azioni autonome della polizia giudiziaria.
Almasri, arrestato il 19 gennaio a Torino dopo l’emissione del mandato di arresto internazionale della CPI per gravi reati commessi nella prigione di Mitiga, è stato scarcerato due giorni dopo e rimpatriato in Libia su un aereo militare italiano, suscitando reazioni critiche da parte della comunità internazionale e della stessa Corte penale.
Le accuse e il contesto internazionale
Il generale libico è accusato di una serie di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, tra cui tortura, stupro, omicidio e persecuzione, riferiti a condotte commesse a partire dal 2015 nella prigione di Mitiga, vicino a Tripoli. Il mandato di arresto della CPI, emesso il 18 gennaio 2025, aveva attivato un allarme internazionale con la red notice di Interpol, che ha portato all’arresto in Italia.
La scarcerazione e il rimpatrio di Almasri hanno sollevato dubbi sull’effettiva cooperazione giudiziaria dell’Italia con la Corte Penale Internazionale, sancita dallo Statuto di Roma e da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 2011, che ha affidato alla CPI la competenza sulla situazione libica. La mancata consegna del sospettato alle autorità dell’Aia è al centro di un procedimento di indagine anche da parte della CPI, mentre in Italia si sono aperte inchieste giudiziarie che coinvolgono anche esponenti di vertice del governo.
Le parti coinvolte mantengono il massimo riserbo sull’udienza odierna, che è stata aggiornata a data da destinarsi per ulteriori approfondimenti.






