Milano, 1 ottobre 2025 – La vicenda di Cristina Irrera, giovane content creator e attivista per i diritti civili e delle donne, continua a scuotere il dibattito sulla sicurezza digitale e reale. Ventiseienne originaria della Sicilia e residente a Milano, Cristina è da mesi bersaglio di una violenta campagna d’odio su Instagram. Dal febbraio 2024, la giovane ha ricevuto oltre 50 mila commenti minatori che includono esplicite minacce di stupro e morte, diffuse da account spesso riconducibili a profili compromessi e gestiti da bot o reti di troll internazionali.
La persecuzione social e il doxxing: minacce che travalicano il digitale
Le aggressioni verbali, iniziate con insulti e offese, si sono rapidamente trasformate in un sistema di minacce sistematiche e mirate. Tra i messaggi più inquietanti si leggono frasi come: “Ti veniamo a prendere e nessuno saprà più nulla di te”, “Se ti becco in giro ti stupro per bene”, fino all’orribile minaccia rivolta al suo cane, con la promessa di ucciderlo davanti ai suoi occhi. Oltre alla violenza verbale, è avvenuta una vera e propria forma di doxxing: l’indirizzo di casa di Cristina e la sede del suo luogo di lavoro sono stati pubblicati ripetutamente online, così come il nome del bar dove lavorava part-time e i dati personali di amici, familiari e collaboratori, compromettendo pesantemente la sua sicurezza e quella delle persone a lei vicine.
La giovane aveva denunciato alla Polizia Postale già nell’estate precedente, ma l’escalation di minacce è continuata, soprattutto dopo la pubblicazione di un video in cui raccontava la chiusura di un sito tedesco dedito alla diffusione di materiale pornografico non consensuale. Quel contenuto sembra aver scatenato la furia di gruppi organizzati o singoli aggressori nascosti dietro account falsi o hackerati.
Il meccanismo dietro l’assedio: profili rubati e commenti artificiali
L’attacco contro Cristina non è un episodio isolato, ma fa parte di una strategia ben congegnata che sfrutta il mercato parallelo dell’odio online. Secondo l’analisi rilasciata al Fatto Quotidiano di esperti come Riccardo, noto come “PaccaFaCose”, youtuber specializzato nell’analisi di dati digitali, molti dei profili che partecipano a questa campagna sono stati compromessi da servizi di acquisto follower poco affidabili. Questi servizi, spesso di origine turca, indiana, pakistana o araba, sottraggono le credenziali agli utenti per poi utilizzarli nel lancio di commenti offensivi o minacciosi su commissione.
Il meccanismo è articolato: clienti pagano per far “spammare” commenti negativi e intimidatori usando account rubati, creando così un muro di insulti difficile da arginare. Le piattaforme social, tra cui Instagram, stanno collaborando con la Polizia per fornire dati di accesso e metadati necessari a risalire agli esecutori materiali, ma il vero nodo è identificare il mandante occulto, spesso nascosto dietro una rete internazionale di server.
Le battaglie di Cristina Irrera
Cristina Irrera, che nel 2022 era già salita agli onori delle cronache per aver sventato una rapina in metropolitana a Milano, denunciando il problema dei borseggiatori, oggi vive una situazione drammatica. Oltre a dover affrontare minacce di morte quotidiane, la ragazza ha subito ripercussioni anche nella vita lavorativa, costretta a lasciare alcuni impieghi a causa della pubblicazione del suo indirizzo e del nome del locale dove lavorava.
Nonostante l’ansia e le difficoltà, Cristina continua a raccontare la sua storia, trasformando l’odio in testimonianza. “C’è un punto in cui gli insulti smettono di sembrare parole e diventano un rumore di fondo”, ha dichiarato, sottolineando come la sua scelta di restare visibile non sostituisca la necessità di risposte istituzionali più rapide ed efficaci. La giovane chiede un impegno maggiore da parte delle autorità e delle piattaforme social per contrastare fenomeni di stalking e hate speech che si traducono in minacce reali.
Instagram offre molte funzionalità come le Storie e i Reels, ma resta una sfida costante per la piattaforma bilanciare la libertà di espressione con la tutela degli utenti contro abusi e campagne d’odio. La vicenda di Cristina solleva questioni cruciali sulla sicurezza online, la responsabilità delle piattaforme e la protezione delle vittime di persecuzioni digitali.
Le indagini della Polizia Postale proseguono, mentre la giovane continua a lanciare un messaggio forte contro la violenza e la discriminazione, sperando che la sua esperienza contribuisca a sensibilizzare l’opinione pubblica e a spingere verso un intervento più deciso sul fronte della sicurezza digitale e dei diritti civili.





