Nella provincia di Barcellona sono stati individuati nove casi di cinghiali morti a causa della peste suina africana. Lo ha reso noto il Ministero dell’Agricoltura, riportando i risultati delle analisi del Laboratorio di Veterinaria di Algete: sette carcasse ritrovate nel parco naturale di Collserola, a quindici chilometri dal capoluogo catalano, sono risultate positive al virus. Nella stessa area, lo scorso venerdì erano stati rinvenuti i primi due cinghiali morti per la malattia e, complessivamente, sono quaranta gli esemplari recuperati e sottoposti a esami. Al momento non risultano coinvolti allevamenti suini.
Cos’è la peste suina africana
La peste suina africana, che in Spagna non veniva rilevata da 31 anni, è una patologia infettiva altamente contagiosa e letale per suini, cinghiali e suidi selvatici. Non rappresenta un rischio per l’uomo, né tramite contatto diretto con gli animali né attraverso il consumo dei loro prodotti. Attualmente non esiste una cura specifica, ma è possibile limitare la diffusione attraverso protocolli di prevenzione: il contagio può avvenire per contatto tra animali infetti, per puntura di insetti o in modo indiretto tramite alimenti o oggetti contaminati.
L’origine del contagio
Secondo l’assessore catalano all’Agricoltura, Òscar Ordeig, la causa più probabile del focolaio di peste suina africana sarebbe la presenza di alimenti contaminati. Ha spiegato che, pur essendo presto per stabilire l’origine esatta dell’epidemia, è molto verosimile che il virus sia stato introdotto tramite un salume infetto abbandonato in un panino. L’area colpita è attraversata da numerosi mezzi pesanti e dotata di aree di servizio, circostanza che aumenta la possibilità che un cinghiale abbia ingerito cibo contaminato. Ordeig ha sottolineato che la priorità è contenere il focolaio e che, al momento, non sono stati rilevati casi al di fuori della zona interessata.
Peste suina africana, l’emergenza sanitaria
Il governo catalano ha attivato un ampio piano di contenimento che include disinfezioni, raccolta e gestione delle carcasse, utilizzo di droni e monitoraggio della densità di cinghiali in un raggio di venti chilometri dal focolaio. Sono impegnati 250 agenti dei corpi di sicurezza locali, oltre 100 soldati dell’Unità di emergenza militare, personale del corpo forestale e veterinari del parco di Collserola.
Il presidente del governo spagnolo, Pedro Sánchez, ha dichiarato che si sta collaborando con le autorità catalane e con il settore per fermare il focolaio e mantenere aperti i mercati esteri, invitando a “prudenza, lavoro e tranquillità”. I casi sono stati segnalati alla Commissione Europea e all’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale. Sánchez ha inoltre riferito che dal mercato cinese sono arrivate notizie positive: a eccezione dei prodotti provenienti dalla provincia di Barcellona, le esportazioni di carne suina proseguiranno.

L’allarme export per lo jamon serrano
Oltre alla gestione del focolaio, resta centrale la tutela di un comparto fondamentale per l’economia spagnola e catalana. La Spagna è il terzo esportatore mondiale di carne suina, dopo USA e Canada: il settore vale 8.830 milioni di euro e esporta ogni anno 2,6 milioni di tonnellate, soprattutto verso l’UE, seguita da Cina, Giappone, Corea del Sud e Messico. La Catalogna, con 8.026.467 capi, è la principale area produttrice del Paese, con un export annuo di circa 3 miliardi di euro.
Il ministro dell’Agricoltura, Luis Planas, ha riportato che un terzo dei Paesi importatori ha previsto sospensioni precauzionali in seguito ai primi casi registrati. Attualmente sono 19 i Paesi che hanno vietato l’ingresso della carne suina spagnola e 24 quelli che ne limitano l’importazione alla sola zona del focolaio. Una situazione allarmante per il settore, che dovrà attendere 12 mesi dall’ultimo caso per poter dichiarare conclusa l’epidemia.
Il calo del prezzo al chilo
Tra i primi effetti della crisi, la commissione prezzi del suino di Mercolleida ha ridotto di dieci centesimi il costo al chilo del suino vivo da ingrasso, sceso a 1,212 euro: si tratta della diminuzione più significativa registrata dal settore dall’introduzione dell’euro.






