Bologna, 29 ottobre 2025 – Continua a far discutere il processo per l’omicidio di Sofia Stefani, la vigilessa di 33 anni uccisa il 16 maggio 2024 nell’ufficio dell’ex comandante della polizia municipale di Anzola dell’Emilia, Giampiero Gualandi, 64 anni. L’imputato, accusato di omicidio volontario aggravato da futili motivi e legame affettivo, ha ribadito la sua versione di un colpo partito accidentalmente durante una colluttazione con la vittima, mentre la Procura sostiene si sia trattato di un gesto volontario.
Omicidio Stefani, la difesa contesta il movente
L’avvocato Claudio Benenati, insieme al collega Lorenzo Valgimigli, ha sottolineato come il «movente cozza con alcuni elementi della ricostruzione dell’accusa». Il legale ha evidenziato che Gualandi sapeva da due ore dell’arrivo di Sofia Stefani in ufficio il giorno del delitto e ha chiesto: «Perché non ha strutturato meglio l’omicidio? Perché non ha armato l’arma o inscenato i segni di una colluttazione?». Inoltre, Benenati ha messo in dubbio la rilevanza della cancellazione della chat tra Gualandi e Stefani, visto che altri elementi compromettenti come video sono rimasti conservati su una chiavetta USB nello zaino. Secondo la difesa, un omicidio così «strampalato» non avrebbe senso, soprattutto considerando che Gualandi avrebbe sacrificato la propria libertà per salvare il matrimonio.
Le ultime udienze e la testimonianza dello psichiatra
Durante il processo in Corte d’Assise, l’ex comandante ha chiesto perdono ai genitori della vittima, ribadendo di non aver voluto uccidere Sofia Stefani. L’accusa ha interrogato a fondo Gualandi, che ha ammesso una relazione sentimentale con la vittima e ha negato di averla illusa sulle sue prospettive professionali. Il consulente psichiatrico della difesa, Vittorio Laviola, ha descritto Gualandi come un uomo con disturbo da adattamento e umore depresso ma senza propensioni alla violenza, mentre Sofia soffriva di un disturbo borderline di personalità con instabilità relazionale. Laviola ha inoltre chiarito che non sono emersi elementi patologici riguardo alle loro pratiche sessuali, considerate normali nell’ambito della loro relazione.
A luglio la Corte di Cassazione ha deciso il ritorno in carcere di Gualandi, revocando i domiciliari precedentemente concessi, accogliendo il ricorso della Procura di Bologna. Il processo prosegue con accesa tensione tra accusa e difesa, mentre i genitori di Sofia Stefani seguono con dolore e determinazione ogni sviluppo della vicenda.

