Arezzo, 11 novembre 2025 – Oggi si commemorano i diciotto anni dalla tragica morte di Gabriele Sandri, giovane tifoso della Lazio e disc jockey romano, vittima di un episodio che ha segnato profondamente la storia del calcio italiano e il rapporto tra tifoserie, forze dell’ordine e società civile. Il 26enne Gabriele, soprannominato “Gabbo”, fu ucciso da un colpo di pistola sparato dall’agente di polizia Luigi Spaccarotella nell’area di servizio di Badia al Pino, sull’autostrada A1, mentre si recava allo stadio San Siro per assistere alla partita tra Inter e Lazio. A distanza di quasi due decenni, il ricordo di quella giornata tragica è ancora vivo nelle parole del fratello Cristiano e nella memoria collettiva degli appassionati di calcio.
Il ricordo di Gabriele Sandri e le passioni di una vita
Gabriele Sandri non era solo un tifoso accanito della Lazio, ma anche un giovane con una grande passione per la musica elettronica, che coltivava come disc jockey nei locali più rinomati di Roma. Cristiano, avvocato penalista e fratello di Gabriele, ha raccontato con voce commossa come Gabbo fosse un ragazzo generoso, amato da molti, che amava profondamente la sua famiglia, il calcio e la musica. La sera prima della tragedia, Gabriele aveva suonato al Piper Club, uno dei locali più iconici della capitale, e inviato un ultimo messaggio di incoraggiamento al calciatore Lorenzo De Silvestri, promettendo di portare la vittoria alla Lazio. Le passioni di Gabriele, unite alla sua giovane età e al carattere solare, sono ancora celebrate dai suoi cari e dai compagni di squadra che lo ricordano con affetto.
La dinamica dell’omicidio e le sentenze giudiziarie
L’11 novembre 2007, mentre Gabriele e alcuni amici si trovavano sull’A1, l’auto su cui viaggiava fu colpita da un proiettile sparato dall’agente Spaccarotella, intervenuto a seguito di un alterco tra tifoserie. Contrariamente alle prime dichiarazioni ufficiali che parlavano di spari in aria o di un incidente, la ricostruzione giudiziaria ha stabilito con chiarezza che Spaccarotella sparò direttamente verso l’auto, colpendo Gabriele al collo mentre dormiva sul sedile posteriore. La Corte d’Assise d’Appello di Firenze, nel dicembre 2010, ha condannato l’agente a nove anni e cinque mesi di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale, confermando la gravità del gesto e la consapevolezza del rischio. Nel 2017 gli fu concessa la semilibertà per attività di volontariato, suscitando ancora reazioni contrastanti.

L’episodio scatenò un’ondata di proteste negli stadi italiani, con rinvii e sospensioni delle partite, manifestazioni di solidarietà e scontri tra tifosi e forze dell’ordine. La FIGC reagì imponendo misure più severe per la sicurezza negli impianti sportivi, introducendo la tessera del tifoso e intensificando i controlli.
Il dolore della famiglia e la memoria attiva
Nonostante la condanna, Luigi Spaccarotella non ha mai rivolto scuse formali alla famiglia Sandri. Cristiano ricorda come la famiglia viva da anni un dolore profondo e insopportabile, con un senso di sopravvivenza più che di vita. Il legame con la Lazio resta forte, anche se lo stadio non è più lo stesso luogo di un tempo, mentre il fratello porta avanti la memoria di Gabriele attraverso il figlio, che oggi segue le orme dello zio sugli spalti.
La morte di Gabriele Sandri rappresenta un doloroso monito sui rischi della violenza e sull’importanza di una gestione responsabile delle forze dell’ordine, soprattutto negli eventi sportivi. Oggi, a diciotto anni da quella mattina di novembre, la sua storia continua a scuotere le coscienze e a chiedere giustizia e rispetto.






