Settembre si avvicina, e con esso una fase cruciale per l’indagine sulla morte di Chiara Poggi a Garlasco. Se da un lato agosto è trascorso senza sviluppi rilevanti sull’incidente probatorio e sulle indagini ordinarie, il caso continua ad animare il dibattito pubblico, alimentato anche da nuove analisi indipendenti. Tra i più attivi nell’approfondire la vicenda c’è Enrico Manieri, esperto di balistica e criminologia, noto per la sua partecipazione a importanti casi giudiziari, come quello del mostro di Firenze. Negli ultimi mesi, Manieri ha rivolto la propria attenzione al delitto di Garlasco, pubblicando video e approfondimenti che stanno attirando l’attenzione online.
Un portavaso come possibile arma usata nel delitto di Garlasco
In uno dei suoi video, Manieri propone un’ipotesi che potrebbe riaprire la riflessione sull’arma utilizzata per uccidere Chiara Poggi: secondo l’esperto, si tratterebbe di un portavaso in ferro battuto visibile in alcune immagini scattate durante i rilievi sulla scena del crimine. L’ipotesi nasce dall’analisi congiunta delle ferite riscontrate sul corpo della vittima, tratte dal referto autoptico redatto dal medico legale Marco Ballardini. Manieri sottolinea che le lesioni devono essere esaminate nel loro insieme, e non come episodi isolati, per evitare ricostruzioni parziali o fuorvianti.
In particolare, ha notato una differenza significativa tra le ferite nella zona occipitale – di natura prevalentemente contusiva – e quelle sul volto e alla tempia, che appaiono come escoriazioni da contatto con superfici taglienti. L’assenza di danni a naso e denti, solitamente fragili, porta Manieri a concludere che Chiara potesse avere il viso premuto contro un oggetto appuntito o tagliente mentre veniva colpita alla nuca, rendendo plausibile il coinvolgimento di un elemento come il portavaso.
Il sospetto di un’aggressione multipla
Dalle osservazioni riportate dall’esperto emergono altri dettagli rilevanti. Un colpo alla coscia sinistra, registrato nel referto, potrebbe essere stato causato da un tacco o da una punta di scarpa, accompagnato da un’escoriazione provocata da una suola strisciata. Secondo Manieri, quest’ultimo elemento non coincide con le scarpe “a pallini” al centro del dibattito processuale, suggerendo quindi la possibile presenza di una seconda persona sulla scena del crimine.
Tale ipotesi si rafforza con la lettura di ulteriori escoriazioni compatibili con una caduta iniziale sulle ginocchia, subito dopo il calcio ricevuto. Questo, secondo Manieri, potrebbe essere stato il momento in cui la giovane è finita con il viso sopra il portavaso, che sarebbe caduto insieme a lei. I successivi colpi alla nuca con lo stesso oggetto potrebbero aver causato anche le ferite riscontrate sul viso.
Un possibile soffocamento
Oltre alle lesioni, l’analisi dell’esperto si concentra anche sul quadro interno rilevato durante l’autopsia. L’enfisema polmonare di Chiara Poggi, infatti, potrebbe essere compatibile con una pressione esercitata sulla schiena mentre era stesa a terra. Manieri ipotizza che l’assassino, nel tentativo di tenerla ferma, possa averle premuto un ginocchio sulla schiena, compromettendo la respirazione e contribuendo al decesso.
Questa ricostruzione non è supportata da nuove prove materiali, ma offre una prospettiva coerente con le lesioni riscontrate e potrebbe rilanciare l’interesse su alcuni dettagli rimasti finora in secondo piano. L’autorevolezza di Enrico Manieri, già consulente tecnico in processi di rilievo nazionale, conferisce peso alle sue riflessioni, che non intendono sostituirsi agli accertamenti ufficiali, ma che potrebbero sollecitare ulteriori approfondimenti.
In attesa di sviluppi
Nel frattempo, la procura continua a lavorare sull’incidente probatorio e sulle testimonianze già acquisite, con l’obiettivo di chiarire una volta per tutte le responsabilità dietro la morte della giovane Chiara Poggi. La proposta di Manieri si inserisce in un contesto di crescente attenzione mediatica e pubblica, in cui ogni dettaglio viene riletto e discusso alla luce dei nuovi strumenti di analisi. Le prossime settimane, con la ripresa piena delle attività investigative a settembre, potrebbero rivelarsi decisive per il futuro del caso.





