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Delitto di Garlasco, cosa accadrebbe se venisse appurata l’innocenza di Alberto Stasi? Si ipotizza un risarcimento milionario

by Redazione
22 Maggio 2025
Alberto Stasi è stato condannato a 16 anni di reclusione per il delitto di Garlasco

Alberto Stasi | Instagram @redazioneiene - alanews

A distanza di quasi vent’anni dal brutale omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco, il caso potrebbe tornare a far parlare di sé nelle aule di giustizia. Non per un nuovo processo a un colpevole da identificare, ma per una possibile revisione della condanna inflitta ad Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima, condannato in via definitiva nel 2015 a sedici anni di carcere.

Secondo quanto riportato da Libero, qualora la Corte d’Appello di Brescia dovesse accogliere la richiesta di revisione, si aprirebbe un capitolo del tutto nuovo, che potrebbe portare all’assoluzione di Stasi e alla conseguente richiesta di un maxi risarcimento per errore giudiziario.

Un risarcimento milionario?

Qualora la revisione portasse a un verdetto di innocenza, Alberto Stasi potrebbe chiedere un risarcimento che, secondo alcune stime, si aggirerebbe tra i tre e i quattro milioni di euro. Non si tratterebbe, in questo caso, del classico indennizzo per “ingiusta detenzione” – previsto per chi viene assolto in via definitiva dopo essere stato detenuto in attesa di giudizio – ma di una richiesta per errore giudiziario, come previsto dalla normativa italiana.

La cifra base di riferimento, fissata dalla legge, è di 235,82 euro per ogni giorno di detenzione ingiusta, ma con un tetto massimo di mezzo milione di euro. Tuttavia, per i casi di errore giudiziario, la valutazione è più complessa e personalizzata: entrano in gioco danni morali, psicologici, reputazionali, oltre a spese legali e indennizzi già pagati alle parti civili.

I dieci anni di carcere di Alberto Stasi

Alberto Stasi è recluso dal 2015. In questi dieci anni ha scontato oltre 3600 giorni di carcere. Se si moltiplicasse tale periodo per la cifra giornaliera stabilita dalla legge, il risultato supererebbe gli 800 mila euro. Ma ciò rappresenterebbe solo la base del risarcimento.

Nel corso degli anni, Stasi ha dovuto anche affrontare ingenti spese legali, comprese quelle legate alla nuova richiesta di revisione, e ha indebitato sé stesso e la propria famiglia per poter risarcire, in sede civile, la famiglia Poggi: 850mila euro. Un gesto che, se venisse riconosciuto l’errore giudiziario, peserebbe nel calcolo dell’indennizzo complessivo.

Il difficile cammino della revisione

Come ha spiegato a Libero l’avvocato Marco Biagioli del foro di Grosseto, la revisione del processo rappresenta una sorta di “appello straordinario” e può essere avviata solo in presenza di nuove prove o elementi di fatto sopravvenuti rispetto alla sentenza definitiva. Non è sufficiente un semplice dubbio, né un riesame delle stesse prove già discusse nei tre gradi di giudizio.

Tra i motivi che potrebbero giustificare l’avvio del procedimento c’è anche l’ipotesi che una sentenza successiva abbia modificato i presupposti logici o fattuali su cui si è basata la condanna. A Brescia, nel 2017, i giudici avevano già dichiarato il non luogo a procedere rispetto a un’ipotesi di revisione, ma oggi la situazione potrebbe essere diversa. La nuova attenzione mediatica e giudiziaria – riaccesa da possibili elementi di interesse sul ruolo di Andrea Sempio, amico di Chiara Poggi – potrebbe costituire un punto di svolta.

La voce della madre: “Uno schifo, mio figlio è innocente”

A difendere con forza l’innocenza del figlio è, da sempre, Elisabetta Ligabò, madre di Alberto Stasi. In un’intervista a La Stampa, la donna si è sfogata con parole dure: “Quello che sta venendo fuori è sconvolgente. È uno schifo, mi dispiace usare questa parola. Ma è un vero e puro schifo”.

Secondo Ligabò, la verità sta finalmente emergendo, dopo anni di sofferenze e accuse unilaterali. “Alberto si è sempre dichiarato innocente e adesso la verità sta venendo a galla», ha ribadito. Per lei, non c’è mai stato alcun dubbio: «Neppure per un minuto ho messo in discussione l’innocenza di mio figlio”.

Il nodo dell’impronta

Uno dei punti più controversi riguarda l’impronta di scarpa numero 42 repertata sulla scena del crimine, e in particolare la decisione iniziale di considerarla inutilizzabile. L’ex capo del Ris, Luciano Garofano – che all’epoca dei fatti non ritenne rilevante quella traccia – oggi fa parte del collegio difensivo di Andrea Sempio, figura emersa come possibile sospettato alternativo negli ultimi anni.

Una circostanza che la madre di Stasi definisce inquietante: “Certo che ci ho fatto caso, lo so bene. È la solita compagnia. Tutti uniti, da sempre, contro mio figlio Alberto. È stata un’indagine in una sola direzione, fin dall’inizio. Non so perché sia andata così, ma questo è quello che è successo”.

Un’indagine a senso unico?

La narrazione di un’indagine condotta con parzialità rappresenta un’accusa pesante. La famiglia Stasi sostiene da tempo che gli investigatori abbiano trascurato piste alternative, concentrandosi esclusivamente su Alberto. Le recenti attenzioni sul profilo di Andrea Sempio – con approfondimenti su alibi e incongruenze – hanno rafforzato questa percezione.

Resta da capire se questi nuovi elementi basteranno ad aprire la revisione del processo. Come ribadito dal difensore di Stasi, Antonio De Rensis, “il rispetto che abbiamo per chi sta indagando ci fa mettere l’ipotesi di una revisione in secondo piano”, segno che la strategia legale è ancora in fase di attenta valutazione.

Il dolore delle famiglie

Nel mezzo, restano il dolore inconsolabile della famiglia Poggi e quello della famiglia Stasi, divisa tra rabbia e speranza. Elisabetta Ligabò ha speso parole di umana comprensione per la madre di Chiara: “Capisco il suo dolore, che è immenso. Un genitore non dovrebbe mai seppellire una figlia. Però, mi dispiace: non comprendo questa ostilità, questa chiusura”.

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