Teheran, 1 settembre 2025 – La giornalista italiana Cecilia Sala ha recentemente raccontato in un’intervista al Corriere della Sera i terribili momenti vissuti durante la sua detenzione nella prigione di Evin, a Teheran, uno dei luoghi più simbolici della repressione politica in Iran. Arrestata il 19 dicembre 2024 mentre lavorava a nuove puntate del suo podcast Stories, la Sala ha descritto dettagliatamente le condizioni estreme e le minacce subite durante quei giorni di prigionia.
Le drammatiche condizioni di detenzione a Evin
La prigione di Evin è da decenni il carcere dove vengono rinchiusi oppositori politici, giornalisti e attivisti per i diritti umani. Cecilia Sala ha ricordato in modo vivido il dolore e la disperazione che aleggiavano tra le mura di quel carcere: “Quando erano aperte le feritoie delle celle, sentivo la mia compagna di prigionia prendere la rincorsa per lanciarsi con la testa contro la porta blindata, sperando di morire”. Queste parole testimoniano la disperazione di donne e uomini costretti a vivere in condizioni disumane, spesso isolate e sottoposte a torture psicologiche.
Un momento particolarmente inquietante, ha detto Sala, è stato quando l’hanno portata bendata davanti a una gru usata per le impiccagioni: “Mi hanno tolto la benda per farmi vedere quella macchina, dicendomi che è così che trattano le spie”. La minaccia della morte era quindi costantemente presente, un’arma di pressione psicologica nelle mani delle autorità iraniane.
Il contesto politico e diplomatico dell’arresto
L’arresto di Cecilia Sala è avvenuto in un momento di forte tensione internazionale: pochi giorni prima, un ingegnere iraniano era stato fermato a Milano su richiesta degli Stati Uniti con l’accusa di fornire tecnologia militare ai pasdaran iraniani. Le autorità iraniane hanno collegato i due casi, sostenendo che la giornalista avesse violato le leggi della Repubblica Islamica.
La detenzione di Sala ha suscitato immediatamente una reazione diplomatica da parte dell’Italia, dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, che hanno sollecitato la sua liberazione e garantito il rispetto delle condizioni umanitarie. Dopo complesse trattative diplomatiche, la giornalista è stata rilasciata l’8 gennaio 2025 e ha fatto ritorno in Italia.
Evin, simbolo di repressione e violazioni dei diritti umani
La prigione di Evin è tristemente nota per le condizioni dure imposte ai detenuti, che includono torture, isolamento e limitato accesso a difensori legali. Negli ultimi anni, la struttura è stata teatro di proteste interne e di una crescente attenzione internazionale sulle violazioni dei diritti umani commesse al suo interno. Nel 2025 l’Unione Europea ha imposto sanzioni a dirigenti della prigione, tra cui il direttore Hedayatollah Farzadi, per gravi abusi.
A giugno 2025, la situazione si è ulteriormente aggravata a seguito di un bombardamento israeliano che ha colpito la prigione durante l’orario delle visite, causando decine di morti e feriti, evento definito da Amnesty International come crimine di guerra.
La vicenda di Cecilia Sala offre così uno sguardo diretto e drammatico sulla realtà della prigione di Evin, un luogo dove la libertà di stampa e i diritti umani vengono quotidianamente messi a dura prova.






