Si è svolto oggi nell’istituto penitenziario di Montorio l’interrogatorio di garanzia con l’udienza di convalida dell’arresto di Maria Luisa Ramponi, 59 anni, accusata insieme ai fratelli Franco e Dino della strage avvenuta il 14 ottobre scorso a Castel d’Azzano (Verona), in cui tre carabinieri persero la vita nell’esplosione del casolare della famiglia Ramponi.
Maria Luisa Ramponi si avvale della facoltà di non rispondere
Davanti alla giudice per le indagini preliminari, Carola Musio, la donna ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, in un’udienza durata pochi minuti. «La mia assistita si trova ristretta in carcere da domenica, dopo una lunga degenza in ospedale – ha dichiarato l’avvocato Alessandro Ballottin, che difende Maria Luisa – È ancora scossa, bisognosa di cure e ha bisogno di tempo per comprendere la situazione in cui si trova». La donna è gravemente coinvolta nelle accuse di strage, detenzione di materiale esplodente e resistenza a pubblico ufficiale. Secondo l’accusa, fu proprio lei ad azionare la miccia che causò l’esplosione delle bombole di gas poste nel casolare, mentre le forze dell’ordine erano impegnate nella perquisizione.
Fratelli Ramponi restano in carcere: rigettato il ricorso
Anche i fratelli Franco, 65 anni, e Dino, 63 anni, sono accusati degli stessi reati. Sebbene non fossero presenti al momento della deflagrazione, sono ritenuti responsabili di aver pianificato con la sorella il gesto e di non aver fatto nulla per impedirlo. Entrambi si trovano detenuti nel carcere di Montorio da oltre un mese. Il Tribunale del Riesame di Venezia ha recentemente respinto il loro ricorso per la modifica delle misure cautelari, confermando il quadro accusatorio. Nel frattempo, proseguono le indagini con ulteriori accertamenti tecnici e l’analisi dei dispositivi elettronici sequestrati, in particolare il cellulare di Maria Luisa, per verificare eventuali elementi di premeditazione.
La tragedia di Castel d’Azzano ha lasciato un segno indelebile: la memoria dei carabinieri Valerio Daprà, Davide Bernardello e Marco Piffari, morti nell’esplosione, resta viva nella comunità veronese.






