Roma, 16 dicembre 2025 – Emergono nuovi dettagli sull’attentato dinamitardo che ha colpito il giornalista Sigfrido Ranucci lo scorso 16 ottobre a Pomezia, comune alle porte di Roma. L’ordigno esploso all’esterno della sua abitazione è stato analizzato dagli investigatori, che hanno ricostruito la sua composizione e modalità di attivazione.
Composizione e caratteristiche dell’ordigno
Secondo quanto riferito dagli inquirenti della Procura di Roma, l’ordigno esploso era costituito da gelatina da cava e polvere pirica, materiali tipici di esplosivi artigianali. L’esplosivo, del peso stimato di circa un chilogrammo, era azionato da una miccia posta all’estremità, che ne ha determinato l’innesco. La bomba era stata collocata all’interno di un vaso esterno alla villetta di Ranucci nella zona di Campo Ascolano.
Indagine e ipotesi investigative sul caso Ranucci
Le indagini sono condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Roma, che ha delegato le attività investigative ai carabinieri. Nel procedimento penale si procede per i reati di danneggiamento e violazione della legge sulle armi, aggravati dall’uso del metodo mafioso. Al momento, gli investigatori non escludono la pista che collega l’attentato a gruppi della criminalità organizzata.
Sigfrido Ranucci, giornalista di lungo corso e conduttore del programma di inchiesta Report su Rai 3, vive sotto scorta dallo scorso 2021 a seguito di minacce di morte ricevute dalla mafia. La notte dell’attentato, l’esplosione ha distrutto la sua auto e danneggiato quella della figlia, segnando un salto di qualità preoccupante nelle intimidazioni subite. Le autorità stanno lavorando per fare piena luce sull’accaduto, confermando la gravità del clima di minacce nei confronti di chi svolge un’attività giornalistica d’inchiesta sul crimine organizzato e le sue ramificazioni.




