Questa mattina è stato sgomberato Askatasuna, storico centro sociale torinese attivo da quasi trent’anni. Negli ultimi tempi l’organizzazione era al centro di pressioni politiche e giudiziarie legate al suo impegno nelle lotte sociali e a sostegno della Palestina, intensificatesi con l’insediamento del governo Meloni e del Ministro degli Interni Piantedosi. La Digos ha condotto perquisizioni sia nella sede centrale del centro sociale sia nelle abitazioni di alcuni membri.
Il centro sociale è da sempre punto di riferimento per molti militanti e associazioni torinesi, e la sua chiusura rappresenta un episodio significativo nella vita politica e sociale della città. Askatasuna, che significa “libertà” in lingua basca, ha visto la partecipazione di centinaia di persone nel corso degli anni, diventando simbolo di attivismo e di impegno civico.
L’intervento e le motivazioni
Secondo quanto riportato dal centro sociale, la perquisizione riguarderebbe le iniziative degli ultimi mesi in solidarietà alla Palestina, che hanno coinvolto milioni di persone in piazza in tutta Italia. Contestualmente, il sindaco di Torino Stefano Lo Russo ha dichiarato che la collaborazione con Askatasuna era cessata a causa della violazione del patto di collaborazione con il Comune, rendendo necessario lo sgombero.
L’operazione sembra aver seguito due binari distinti. Da un lato c’è l’indagine penale, legata ai danneggiamenti della redazione de La Stampa e ad altri eventi legati alle manifestazioni pubbliche. Dall’altro lato sembra esserci stata una pressione politica che ha portato il sindaco a rescindere l’accordo con il centro sociale. Il risultato è stato uno sgombero pianificato e condotto con l’intervento coordinato di Polizia e Digos.
La reazione del centro sociale e del quartiere
Il presidio sorto nel quartiere Vanchiglia dopo lo sgombero ha denunciato un attacco alla città e alla possibilità di un vivere migliore. Gli abitanti e i membri del centro hanno ribadito la volontà di difendere i propri spazi e di continuare a costruire iniziative solidali e culturali nonostante le restrizioni. “Oggi si tratta di scendere in strada per difendere un’idea di città, un’idea di mondo diversa”, hanno dichiarato, sottolineando che la risposta dovrà essere compatta e decisa.
Askatasuna ha chiarito che la sua lotta non si fermerà con la chiusura dello spazio fisico: la costruzione di reti solidali e la promozione di attività sociali e culturali continueranno, nonostante gli ostacoli. Il centro sociale ha sempre puntato su una partecipazione collettiva e sulla condivisione di spazi e risorse con il quartiere, e questa missione rimane invariata.
La storia di Askatasuna
La storia di Askatasuna inizia il 16 novembre 1996, quando un gruppo di compagni e compagne autonome si staccò da un corteo studentesco istituzionale per occupare l’ex Asilo degli Gnomi in corso Regina Margherita 47. L’edificio, abbandonato da anni, era stato già parzialmente utilizzato nel 1987 dal Collettivo Spazi Metropolitani. Il motto iniziale del centro, “Spazi al quartiere per i bisogni collettivi”, rifletteva la volontà di creare uno spazio accessibile e partecipativo, aperto agli abitanti del quartiere Vanchiglia.
Nel corso degli anni, Askatasuna ha organizzato innumerevoli iniziative culturali, sociali e politiche. Tra i momenti più significativi, le manifestazioni del Primo maggio 1999 contro la guerra nei Balcani e il sostegno alle lotte dei lavoratori, ma anche la partecipazione attiva alle campagne contro la Tav Torino-Lione, nota per le tensioni con le istituzioni e le condanne individuali ad alcuni membri del centro.
Le accuse per l’assalto a La Stampa
Le operazioni di questa mattina sono strettamente legate all’indagine sui danneggiamenti alla redazione del quotidiano torinese La Stampa, avvenuti il 28 novembre durante le manifestazioni in sostegno a un imam di San Salvario. Un gruppo di manifestanti, separatosi dal corteo principale, ha raggiunto la sede del giornale, causando danni ai locali con scritte sui muri e versando secchi di letame nei cortili esterni.
Gli uffici erano vuoti perché anche i giornalisti quel giorno erano in sciopero, partecipando alla mobilitazione generale per il rinnovo del contratto. I fatti hanno alimentato le indagini della Digos, culminate nelle perquisizioni e nello sgombero della mattina del 18 dicembre.
La fine della collaborazione con il Comune
Durante lo sgombero, la polizia ha trovato sei persone che dormivano al terzo piano dello stabile, violando l’accordo con il Comune che prevedeva l’utilizzo esclusivo del piano terra, l’unico considerato agibile. L’accordo prevedeva anche un finanziamento di 100mila euro da parte dell’amministrazione comunale per la ristrutturazione dello stabile, riconosciuto come “bene comune”.
A seguito di questa violazione, il sindaco Stefano Lo Russo ha dichiarato ufficialmente cessata la collaborazione tra Comune e centro sociale. Ciò implica che Askatasuna non potrà più usufruire del sostegno economico e istituzionale per la gestione dello spazio, aprendo una fase di incertezza per il futuro dell’organizzazione e dei progetti sociali legati al quartiere.
Il ruolo di Askatasuna nella città
Askatasuna rimane uno dei centri sociali più importanti e riconosciuti in Italia. Per trent’anni ha rappresentato un punto di riferimento per attività culturali, artistiche e politiche, promuovendo iniziative di partecipazione diretta e di impegno civico. Il centro ha avuto rapporti complessi non solo con il Comune, ma anche con lo Stato, come nel caso della richiesta di 6,8 milioni di euro per i presunti danni causati dalle manifestazioni No Tav.
Il nome Askatasuna, basato sulla lingua basca e simbolo di libertà, racchiude l’identità del centro sociale: uno spazio di autodeterminazione, impegno politico e condivisione comunitaria, valori che i membri intendono continuare a perseguire nonostante lo sgombero.
Le prospettive future di Askatasuna
Gli attivisti di Askatasuna hanno già annunciato che la risposta allo sgombero sarà costante e organizzata. Le iniziative future si concentreranno sulla ricostruzione di reti solidali, sul sostegno alle lotte sociali e sull’animazione culturale del quartiere Vanchiglia. Per il centro sociale, lo sgombero rappresenta un nuovo inizio, un momento per rafforzare l’impegno e la presenza nel territorio torinese, pur senza uno spazio fisico principale.






