La Corte d’appello di Ancona ha condannato a tre anni di reclusione un uomo di 31 anni, ribaltando la sentenza di assoluzione emessa in primo grado dal Tribunale di Macerata. L’imputato era accusato di violenza sessuale su una ragazza di 17 anni, episodio avvenuto nel 2019 in provincia di Macerata. I giudici marchigiani hanno riconosciuto la violenza, pur qualificandola come “di minore gravità”. La difesa ha già annunciato l’intenzione di ricorrere in Cassazione, mentre le motivazioni della sentenza verranno depositate entro 90 giorni.
Le motivazioni contestate del primo grado
In primo grado, il tribunale di Macerata aveva prosciolto l’imputato, sostenendo che la giovane “aveva già avuto rapporti e si trovava in condizione di immaginarsi i possibili sviluppi della situazione”. Una motivazione che aveva sollevato polemiche, poiché sembrava implicare che l’esperienza sessuale pregressa della vittima potesse giustificare o attenuare la responsabilità dell’imputato. Il passaggio, riportato da Il Messaggero, aveva suscitato indignazione anche nel dibattito pubblico, riaccendendo la discussione sulla cultura dello stupro e sulle distorsioni di alcune sentenze in materia di violenza sessuale.
Il racconto della vittima degli abusi
Secondo la ricostruzione della giovane, quella sera era uscita in auto con l’imputato e un’altra coppia di amici. Dopo che gli altri due erano scesi, i due erano rimasti soli in una zona appartata. In quel momento, la ragazza sostiene che il 25enne l’abbia bloccata con una mano sulla spalla — lasciandole ecchimosi poi giudicate guaribili in otto giorni — e abbia abusato di lei. Nonostante avesse cercato di opporsi, riferendo di aver provato a respingerlo con un pugno e di non essere riuscita a muoversi, l’uomo avrebbe proseguito.
La versione della difesa
La difesa ha sempre sostenuto che si trattasse di un rapporto consenziente. In primo grado, i giudici avevano ritenuto che la 17enne non avesse manifestato un chiaro dissenso, osservando che non aveva invocato aiuto né tentato di fuggire, pur potendo, ad esempio, aprire la portiera posteriore dell’auto. Secondo la ricostruzione della sentenza di Macerata, “il ripensamento non era stato percepito dall’imputato se non, forse, alla fine del breve rapporto”. Dopo l’accaduto, la giovane si era però confidata con alcune amiche, e un’insegnante, venuta a conoscenza dei fatti, l’aveva accompagnata in ospedale e successivamente a sporgere denuncia.
La richiesta della Procura generale
Nel corso dell’appello, la sostituta procuratrice generale di Ancona, Cristina Polenzani, ha chiesto di riformare integralmente la sentenza di assoluzione, sostenendo la necessità di una condanna per violenza sessuale. In subordine, aveva proposto di riconoscere il fatto nella forma di “minore gravità”, con una pena compatibile con la sospensione condizionale. La Corte ha accolto in parte la richiesta, condannando l’imputato a tre anni di carcere.
Le prossime tappe
La difesa dell’uomo ha annunciato il ricorso in Cassazione, sostenendo che il rapporto fosse consensuale e contestando la valutazione della Corte d’appello. Il caso resta emblematico per il dibattito sulla tutela delle vittime di violenza sessuale e sulla necessità di evitare interpretazioni giudiziarie che possano delegittimare la parola delle donne.






