Milano, 19 novembre 2025 – Quando pensi a una “cenerentola” del calcio mondiale, l’immagine che ti viene in mente è quella di un paese piccolo, magari poco noto, che con determinazione scrive una pagina inaspettata nella storia della Coppa del Mondo, un po’ come Curacao. Con il Mondiale 2026 che si avvicina e alcune nazionali qualificate che incarnano perfettamente questo spirito, non possiamo non celebrare certe storie che sono, in fondo, la quintessenza del sogno sportivo.
Curaçao, il miracolo caraibico
Partiamo da Curaçao, la stella più luminosa tra le outsider. Con poco più di 156.000 abitanti, è diventata la nazione meno popolosa di sempre a qualificarsi per un Mondiale. Non solo: l’isola ha una superficie di circa 444 km², rendendola anche molto “compatta” geograficamente. Economicamente, Curaçao è parte del Regno dei Paesi Bassi, ma ha una sua identità economica: secondo il Fondo Monetario Internazionale, il PIL pro capite è in crescita, con previsioni ambiziose per gli anni a venire.
Sul campo, la loro impresa è ancora più bella: hanno concluso il girone CONCACAF imbattuti, dimostrando che i numeri statistici non sono tutto quando la determinazione c’è. L’allenatore Dick Advocaat, 78 anni, è una figura di grande esperienza nel calcio europeo e ha saputo trasmettere la sua saggezza a un gruppo che, seppur “piccolo” sulla carta, ha un cuore enorme.
Il traguardo della qualificazione non è solo sportivo: è un messaggio potentissimo per l’isola, per i suoi giovani, per chi crede che anche “gli ultimi” possano arrivare sul palcoscenico più grande.

Capo Verde, l’isola africana che sfida i giganti
Poi c’è Capo Verde (o Cabo Verde), un arcipelago nell’Atlantico africano che ha scritto una delle storie più emozionanti del percorso di qualificazione. Con circa 525.000 abitanti, è una delle nazioni più piccole per popolazione tra quelle qualificate. In termini geografici, sono “piccoli” anche per estensione: circa 4.033 km², il che li rende particolarmente vulnerabili ma anche incredibilmente uniti.
Capo Verde ha superato nelle qualificazioni africane squadre ben più blasonate – incluso il Camerun – dimostrando una maturità e una continuità di rendimento impressionanti. Il successo è arrivato con una vittoria netta per 3-0 contro l’Eswatini, e i tifosi dell’arcipelago hanno potuto finalmente sognare in grande: per la prima volta, la loro nazionale sarà al Mondiale.
Da un punto di vista simbolico, la qualificazione di Capo Verde è un tributo alla diaspora (molti giocatori hanno origini capoverdiane ma vivono all’estero), alla resilienza delle piccole comunità e al potere dello sport nel creare identità collettive e speranza.

Uzbekistan: il riscatto dell’Asia Centrale
Poi arriva l’Uzbekistan, la “cenerentola” dell’Asia Centrale che finalmente vede il suo sogno diventare realtà. Il 5 giugno 2025, gli uzbeki hanno strappato un pareggio 0–0 contro gli Emirati Arabi Uniti e si sono qualificati per il primo Mondiale della loro storia.
Questa qualificazione ha un peso storico enorme: l’Uzbekistan è la prima nazione dell’Asia Centrale a entrare in una fase finale di Coppa del Mondo — e solo la terza ex repubblica sovietica, dopo Russia e Ucraina, a farlo.
Dietro questo successo ci sono alcuni nomi importanti: l’attaccante e capitano Eldor Shomurodov, ex di Roma tra le altre, le cui prestazioni hanno guidato la squadra, e il giovane difensore Abdukodir Khusanov, che milita nel Manchester City. Da un punto di vista emotivo, è anche il trionfo di una federazione che ha investito molto nel settore giovanile, di tecnici che hanno creduto nel progetto e di una generazione di fan che attendeva questo momento da tempo.

Giordania: il sogno arabo che diventa realtà
Non meno incredibile è la storia della Giordania. Il 5 giugno 2025, grazie a una vittoria per 3–0 contro l’Oman — con una tripletta di Ali Olwan — la Nazionale giordana ha ottenuto la sua prima qualificazione a un Mondiale.
La festa in Giordania è stata vasta: strade piene di bandiere, clacson che risuonano ad Amman e un drone show che ha illuminato il cielo notturno. Per la Giordania, è un momento di orgoglio nazionale: una squadra che per anni ha sfiorato il sogno iridato, che ha passato momenti difficili ma che non ha mai smesso di puntare in alto. Il fatto che sia stato il primo Mondiale per loro aggiunge un senso di “favola cristallina”.

Perché queste “cenerentole” contano davvero
Paesi come Curaçao o Capo Verde non sono solo numeri su una mappa: la loro qualificazione è una testimonianza che lo sport non premia solo i grandi ma può premiare anche chi ha una popolazione ridotta, ma una passione smisurata.
Qualificarsi al Mondiale significa molto per il calcio locale. Significa investimenti, visibilità, infrastrutture e un’opportunità unica per ispirare nuove generazioni di calciatori nei loro paesi.
Il fatto che nazionali “piccole” arrivino alla ribalta mondiale rende il torneo ancora più ricco e imprevedibile. Non è solo una vetrina per le potenze del calcio, ma anche per i sogni di chi parte da lontano.
Queste storie ci ricordano che la determinazione può ribaltare le gerarchie. Non importa quanto piccolo sia il punto di partenza: con il giusto mix di talento, organizzazione e volontà, anche la “cenerentola” può ballare al gran ballo del calcio mondiale.
Le cenerentole del Mondiale
Curaçao, Capo Verde, Uzbekistan e Giordania incarnano alla perfezione il vero spirito da underdog: non solo perché sono piccole, ma perché hanno trasformato il loro status apparentemente marginale in un trampolino verso la gloria mondiale. La loro qualificazione al Mondiale 2026 non è solo un risultato sportivo, ma un simbolo potente: il calcio è anche questo, è la speranza che corre su un pallone, anche quando pochi credono che possa succedere.






