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Home Ultim'ora

Addio ai body nella ginnastica? In Francia non sono più obbligatori

by Redazione
12 Marzo 2025
La ginnasta coreana Son Yeonjae

La ginnasta coreana Son Yeonjae | Photo by Republic of Korea from Seoul, Republic of Korea licensed under CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/deed.en) - Alanews.it

Negli ultimi anni, il dibattito sull’abbigliamento sportivo femminile ha guadagnato una crescente attenzione, in particolare in contesti dove le regole tradizionali sembrano inadeguate alle esigenze moderne. Un esempio significativo di questa evoluzione è rappresentato dalla recente modifica delle normative in Francia riguardanti l’abbigliamento delle ginnaste. Fino a poco tempo fa, le atlete francesi erano obbligate a indossare un body aderente per partecipare alle competizioni, pena una penalizzazione di 0,3 punti. Questa regola, che potrebbe sembrare marginale, ha avuto un impatto profondo sulle prestazioni e sul benessere delle ginnaste, poiché in uno sport altamente competitivo come la ginnastica, anche un punteggio così esiguo può determinare la differenza tra successo e sconfitta.

Un cambiamento di paradigma

Il nuovo regolamento, che ora permette alle ginnaste di indossare pantaloncini sopra il body, segna una vera e propria rivoluzione all’interno del mondo della ginnastica. I pantaloncini devono rispettare una lunghezza massima di dieci centimetri dal cavallo, una disposizione che mira a bilanciare la libertà di espressione e la necessità di mantenere un aspetto professionale. Questo cambiamento è il risultato di una lunga battaglia condotta dalle atlete stesse, che hanno richiesto maggiore libertà nella scelta del proprio abbigliamento, sottolineando come la costrizione a indossare un body aderente possa generare un senso di vulnerabilità e disagio.

Le motivazioni dietro la lotta per la libertà di scelta

Le ginnaste hanno evidenziato che indossare un body può farle sentire esposte e vulnerabili, non solo davanti agli spettatori, ma anche ai fotografi. La questione dell’abbigliamento non è dunque solo una questione estetica, ma si intreccia con tematiche più ampie come il diritto all’autodeterminazione e il rispetto della dignità delle atlete. Negli ultimi anni, diverse atlete hanno iniziato a prendere posizione contro le norme di abbigliamento ritenute sessiste o opprimenti.

  1. Nel 2021, le ginnaste tedesche hanno optato per una “tenuta accademica”, una tuta integrale che copre fino alle caviglie, durante i Campionati europei e le Olimpiadi di Tokyo, affermando che si sentivano “nude” in body;
  2. Le atlete norvegesi Emilie Olimstad e Sunniva Helland-Hansen hanno rifiutato di gareggiare in bikini, presentandosi con shorts e top per affermare il loro diritto a sentirsi a proprio agio.

Analoghe battaglie in altri sport

Il cambiamento in Francia non è un caso isolato. Le rivendicazioni sulle divise sportive hanno trovato eco anche in altri sport. Nel beach volley, le atlete di diversi paesi musulmani hanno contestato l’obbligo di indossare costumi da bagno succinti, ottenendo un cambio di regolamento. Questa scelta non solo ha alimentato il dibattito sulla sessualizzazione delle atlete, ma ha anche posto l’accento sulla pressione che le giovani sportive possono avvertire riguardo alla loro immagine e al modo in cui vengono percepite.

Il contesto culturale e le norme di genere

Le battaglie per la libertà di scelta nell’abbigliamento sportivo si collocano all’interno di un contesto culturale più ampio, dove le norme di genere e le aspettative sociali svolgono un ruolo cruciale. La questione è particolarmente rilevante in un periodo storico in cui le atlete stanno cercando di ridefinire il proprio posto nel panorama sportivo e nella società.
La squadra norvegese femminile di pallamano ha protestato contro l’obbligo di indossare pantaloncini di 10 centimetri, sfidando un regolamento che consideravano sessista e oppressivo.
Durante i Giochi di Parigi, è emerso un forte contrasto tra la libertà di scelta delle atlete musulmane e le imposizioni normative.

Le reazioni delle istituzioni e della società

Le modifiche apportate al regolamento di ginnastica in Francia hanno suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, molte atlete e sostenitori del cambiamento hanno accolto positivamente la notizia, considerandola un passo avanti nella lotta per l’uguaglianza di genere e per il diritto all’autodeterminazione. Dall’altro, ci sono state voci critiche che sostengono che le tradizioni e le norme devono essere rispettate per mantenere l’integrità dello sport. Tuttavia, le evidenze mostrano che le atlete che possono scegliere il proprio abbigliamento tendono a sentirsi più a loro agio e sicure durante le competizioni, un fattore che può influenzare positivamente le loro performance.

Le implicazioni per il futuro

Il cambiamento nelle regole di abbigliamento nella ginnastica francese potrebbe avere ripercussioni significative anche in altri sport e paesi. Le atlete stanno iniziando a comprendere che la loro voce può avere un impatto reale sulle normative e sulle aspettative sociali. Questo sviluppo potrebbe incoraggiare una maggiore apertura verso le differenze culturali e una revisione delle norme di genere in ambito sportivo, contribuendo a un ambiente più inclusivo e rispettoso.

La battaglia per la libertà di scelta nell’abbigliamento sportivo è quindi solo all’inizio. Le atlete di tutto il mondo stanno alzando la voce, affermando il loro diritto a sentirsi a proprio agio e rispettate, non solo come sportive, ma come donne. Con il tempo, queste rivendicazioni potrebbero portare a cambiamenti significativi nelle norme sportive e culturali, promuovendo una maggiore giustizia e uguaglianza nel mondo dello sport.

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