Milano, 28 aprile – Il gip Alberto Carboni definisce l’accusa di nazismo a Liliana Segre una diffamazione inaccettabile e offensiva per chi ha testimoniato l’olocausto. Le indagini proseguono su 86 account per insulti, con accuse a nove persone e imputazione coatta per sette. Il web non sarà una zona franca
Accusare Liliana Segre, una delle ultime testimoni viventi dell’Olocausto, di essere una nazista rappresenta un atto che trascende la semplice diffamazione. Si tratta di un vero e proprio sfregio alla verità storica e di un’offesa profonda a chi ha dedicato la propria vita a testimoniare gli orrori del regime totalitario nazista. Queste sono le parole del giudice per le indagini preliminari, Alberto Carboni, che ha recentemente emesso un’ordinanza in cui respinge gran parte delle richieste della Procura riguardanti le ingiurie rivolte alla Segre sui social media.
Le accuse e il loro impatto
Il gip ha evidenziato come le accuse lanciate contro Segre non solo ledano la sua reputazione, ma costituiscano anche una violazione dei principi fondamentali della convivenza civile. La Segre, sopravvissuta ai campi di sterminio, è diventata un simbolo della memoria dell’Olocausto e del dovere di non dimenticare. Le sue dichiarazioni e il suo impegno nella lotta contro l’antisemitismo e la discriminazione sono diventati un faro di speranza per molti, specialmente in un’epoca in cui l’odio online sembra proliferare.
Il ruolo del giudice
Nell’ordinanza, il giudice Carboni ha disposto l’avvio di indagini su ben 86 account social da cui sono partiti insulti e minacce nei confronti di Segre. Inoltre, sono stati richiesti approfondimenti su altre nove persone e l’imputazione coatta per sette di esse. Il gip sottolinea che il web non può essere considerato una zona franca, dove le norme di civiltà e rispetto possono essere ignorate senza conseguenze. Questo richiamo alla responsabilità individuale è fondamentale, soprattutto in un contesto in cui le piattaforme digitali sono spesso utilizzate per disseminare odio e disinformazione.






