La presentazione di una nuova app creata dalla startup di Los Angeles 2Wai ha innescato, nel giro di poche ore, uno dei dibattiti più accesi degli ultimi mesi sul ruolo dell’intelligenza artificiale nel rapporto con la memoria e il lutto. Tutto nasce da un video pubblicato sui social dal co-fondatore Calum Worthy, in cui viene mostrato come la piattaforma permetta di generare un avatar digitale interattivo di una persona defunta. Quel breve filmato è bastato per trasformare un annuncio commerciale in un confronto globale sulle implicazioni etiche dell’AI e sul limite, sempre più labile, tra ricordo autentico e simulazione.
Il video della discordia di 2Wai
Nel video, divenuto rapidamente virale, si vede una donna incinta conversare con la ricostruzione digitale della madre scomparsa. La narrazione procede con un salto temporale: qualche mese dopo, la stessa figura virtuale legge una favola alla nipotina appena nata. Più avanti, il bambino, ormai cresciuto, dialoga con naturalezza con la “nonna” digitale mentre rientra da scuola. L’ultima scena mostra il figlio in età adulta nell’atto di comunicare allo stesso avatar l’arrivo di una nuova generazione. La frase conclusiva — “Con 2Wai, tre minuti possono durare per sempre” — ha evocato per molti utenti atmosfere da Black Mirror, alimentando un misto di fascino e inquietudine.
What if the loved ones we’ve lost could be part of our future? pic.twitter.com/oFBGekVo1R
— Calum Worthy (@CalumWorthy) November 11, 2025
L’app di 2Wai
L’app 2Wai, disponibile in versione beta sull’App Store, permette di creare un cosiddetto HoloAvatar: una rappresentazione sintetica che, secondo l’azienda, sarebbe capace di parlare con lo stile della persona originale e di attingere ai ricordi forniti dagli utenti. Worthy ha definito il progetto come una sorta di “archivio vivente dell’umanità”, invitando a sperimentarlo e anticipando l’arrivo della versione per Android.
Reazioni e critiche
La risposta online, tuttavia, è stata tutt’altro che unanime. Molti hanno giudicato il video “inquietante” o “disturbante”, esprimendo la preoccupazione che un surrogato digitale possa interferire con il processo naturale del lutto, generando ulteriore confusione soprattutto nei più giovani. La scena del bambino che cresce con una nonna virtuale ha suscitato le reazioni più accese: secondo alcuni utenti, il rischio sarebbe quello di modificare radicalmente il nostro modo di affrontare la perdita, incidendo sulla costruzione di memorie e legami.
Accanto alle reazioni emotive, sono emerse riflessioni più profonde sui limiti etici della tecnologia. Per diversi osservatori, ciò che oggi rimane confinato a uno schermo potrebbe, con i progressi rapidi della robotica umanoide, evolvere in vere e proprie copie fisiche dei defunti. Questo solleva quesiti ancora più difficili: fino a dove è lecito ricreare una persona? Chi dovrebbe detenere i diritti su tali rappresentazioni? Come si affronta il tema del consenso di chi non è più in vita?
Nonostante le controversie, il video ha superato 4,1 milioni di visualizzazioni su X e ha ricevuto anche commenti più favorevoli. Alcuni hanno apprezzato la possibilità di preservare voci, storie e ricordi familiari altrimenti destinati a sparire. Altri hanno paragonato la tecnologia a una versione evoluta dell’album di famiglia: più immersiva, sì, ma non per forza sostitutiva.
