Secondo i dati diffusi da Tollbit, start-up specializzata nelle licenze per l’uso dell’IA, i siti degli editori stanno registrando un calo del traffico proveniente da utenti reali. Nel secondo trimestre del 2025, le circa 400 testate partner di Tollbit – che spaziano dall’informazione di attualità ai magazine di costume e interesse speciale – hanno registrato un calo del 9,4% nelle richieste di pagine da parte di utenti umani rispetto ai tre mesi precedenti. Nello stesso periodo, invece, le visite effettuate dai bot di intelligenza artificiale hanno subito un forte aumento: se a inizio anno rappresentavano un accesso ogni duecento, ora si attestano a uno ogni cinquanta.
La sostituzione digitale e il ruolo dei bot
Il fenomeno conferma ciò che molti editori sospettavano da tempo: i sistemi di intelligenza artificiale stanno erodendo la necessità per gli utenti di consultare direttamente i siti web. I crawler raccolgono i contenuti in tempo reale e li trasformano in sintesi accessibili attraverso motori di ricerca o chatbot, riducendo di fatto la dipendenza dai tradizionali link. Questo cambiamento rappresenta un danno economico concreto per le aziende editoriali, poiché limita il flusso di traffico organico e quindi di potenziali entrate pubblicitarie.
Google al centro della trasformazione
Gran parte di questa dinamica ruota attorno a Google. Dopo il lancio, alla fine di ottobre 2024, delle sue funzionalità di “AI Overviews” in oltre cento Paesi, il numero di richieste effettuate da Googlebot verso i siti editoriali è aumentato sensibilmente. La ragione è duplice: da un lato servono contenuti aggiornati per generare risposte in tempo reale agli utenti, dall’altro occorrono informazioni per alimentare l’indice che sostiene la ricerca tradizionale. In questo nuovo contesto, i rapporti tra Google ed editori cambiano radicalmente: i primi ottengono sempre più contenuti, mentre i secondi vedono ridursi il ritorno in termini di visibilità e traffico.
Una questione di concorrenza e regolamentazione
Molti editori si trovano in una posizione di debolezza: per restare visibili su Google Search e, sempre più, su Discover, sono costretti ad accettare che i loro contenuti vengano utilizzati per alimentare i sistemi di intelligenza artificiale del colosso di Mountain View. Una dinamica che solleva interrogativi sul piano della concorrenza e che in diversi Paesi, tra cui il Regno Unito, è già oggetto di cause legali e indagini regolatorie. Tuttavia, la lentezza dei processi istituzionali rischia di rendere gli interventi tardivi, quando i danni per il settore editoriale saranno già consistenti.
Un futuro tra giardini recintati e assistenti virtuali
Il report di Tollbit non si limita a fotografare l’attuale momento, ma suggerisce un’evoluzione ancora più radicale del rapporto tra utenti e informazione. Oggi circa un terzo del tempo online viene trascorso sui social media, ambienti chiusi dove contenuti e interazioni sono governati da algoritmi. A questi spazi si aggiungono le applicazioni di intelligenza artificiale, che forniscono risposte immediate attraverso interfacce conversazionali, riducendo ulteriormente la necessità di visitare siti esterni. In prospettiva, gli assistenti virtuali diventeranno strumenti capaci non solo di cercare informazioni, ma anche di compiere azioni per conto degli utenti, sfruttando dati sempre più approfonditi sulle loro preferenze.
La conferma della crisi dell’open web
Non è un caso che, in un recente documento processuale, la stessa Google abbia riconosciuto esplicitamente ciò che in pubblico tendeva a minimizzare: il web aperto è già in rapida contrazione. Questo scenario obbliga gli editori a riconsiderare le proprie strategie. Nel medio periodo diventa essenziale capire come mantenere un pubblico umano fedele, senza dipendere esclusivamente da intermediari tecnologici che filtrano e redistribuiscono i contenuti.
Le sfide per l’editoria
Per affrontare questa nuova realtà, le redazioni devono analizzare quali bisogni degli utenti resteranno scoperti dalle applicazioni di intelligenza artificiale e presidiare quegli spazi con contenuti originali e di valore. La strada passa dal rafforzamento del brand, dall’innovazione nei formati digitali, dalla produzione di giornalismo approfondito e non sostituibile da sintesi automatiche. In parallelo, crescerà il peso delle licenze: accordi che consentono agli editori di monetizzare l’uso dei loro contenuti all’interno di piattaforme e servizi AI. Tuttavia, senza una chiara strategia, esiste il rischio di cedere troppo valore, minacciando la sostenibilità economica futura delle testate.






