Lo scontro tra il mondo dell’intrattenimento e i colossi tecnologici compie un salto di livello.
Disney ha inviato una diffida formale a Google, accusando il gruppo di Mountain View di aver violato il copyright “su larga scala” attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale. Al centro della contestazione ci sarebbe l’impiego di materiale protetto per addestrare i modelli AI e la capacità degli stessi sistemi di generare contenuti troppo simili alle opere originali.
La notizia, riportata da Variety, rappresenta uno dei passaggi più delicati nella battaglia in corso tra Hollywood e l’AI generativa, sempre più presente nella produzione di immagini, video e testi.
Le accuse: “Usate le nostre opere senza permesso”
Secondo i legali di Disney, Google avrebbe attinto a un vasto archivio di contenuti coperti da diritto d’autore senza autorizzazione, sia nella fase di addestramento dei modelli sia nella produzione finale dei contenuti.
Il punto più critico riguarda proprio l’output dell’AI: Disney sostiene che i sistemi di Google siano in grado di generare immagini e video che richiamano in modo immediatamente riconoscibile i suoi franchise più celebri. Dai mondi di Star Wars ai personaggi di Deadpool, passando per l’universo narrativo di Moana, le somiglianze sarebbero tali da andare oltre la semplice ispirazione.
Nella diffida vengono citati esempi considerati emblematici, opere prodotte con strumenti AI giudicate troppo vicine agli originali per essere classificate come rielaborazioni lecite.
Il nodo centrale: quando l’AI copia troppo
Il cuore della disputa non è l’esistenza dell’intelligenza artificiale, ma l’assenza di limiti chiari. Disney non chiede di fermare lo sviluppo tecnologico, bensì di introdurre barriere tecniche efficaci – i cosiddetti guardrail – capaci di impedire ai modelli di replicare personaggi, stili e mondi narrativi protetti da copyright.
In altre parole, secondo Disney l’AI dovrebbe essere progettata per evitare qualsiasi output che possa risultare confondibile con un’opera originale, anche in assenza di una copia letterale.
Una battaglia legale già affollata
Quella contro Google non è un’iniziativa isolata. Negli ultimi mesi Disney ha già inviato diffide simili a Character.AI ed è coinvolta in contenziosi con piattaforme come Midjourney e Hailuo, accusate di aver sfruttato opere creative senza consenso durante la fase di sviluppo dei loro modelli.
La posizione della società è netta: l’innovazione non può procedere ignorando il diritto d’autore né scaricando i costi della creatività sugli autori e sulle aziende che investono nella produzione culturale.
Il paradosso: l’accordo con OpenAI
Il caso assume contorni ancora più interessanti se si guarda a ciò che accade in parallelo. Proprio negli stessi giorni, Disney ha annunciato una partnership strategica con OpenAI. L’accordo consente l’utilizzo ufficiale di alcuni personaggi iconici all’interno di Sora, il generatore video basato su intelligenza artificiale, attraverso una licenza regolarmente concessa.
Non solo: Disney avrebbe investito circa un miliardo di dollari in OpenAI, con la possibilità di aumentare la propria partecipazione in futuro.
La linea Disney: sì all’AI, ma con regole
Il messaggio che emerge è chiaro. Disney non è contraria all’intelligenza artificiale, ma vuole governarne l’evoluzione. L’obiettivo è costruire un modello in cui l’AI possa crescere senza erodere il valore della proprietà intellettuale, riconoscendo diritti, licenze e compensi a chi quei contenuti li ha creati.
Lo scontro con Google, dunque, non riguarda solo due giganti, ma potrebbe definire le regole del gioco per il futuro dell’AI generativa e dell’industria creativa globale.





