Pechino, 15 settembre 2025 – Le autorità di regolamentazione del mercato cinese hanno reso noto che Nvidia ha violato la normativa anti-monopolio del Paese, secondo un’indagine preliminare, sottolineando che l’inchiesta sulla multinazionale statunitense dei semiconduttori proseguirà. L’annuncio arriva in un contesto di crescenti tensioni commerciali e tecnologiche tra Cina e Stati Uniti, con ripercussioni significative sul mercato azionario: le azioni Nvidia hanno subito una flessione di circa il 2% nelle contrattazioni pre-mercato.
L’indagine cinese su Nvidia e le implicazioni per il mercato globale
Lo scorso anno, la State Administration for Market Regulation (SAMR) della Cina ha avviato un’indagine su Nvidia in relazione all’acquisizione di Mellanox, società israeliana specializzata in soluzioni di rete per data center e server, completata nel 2020 con l’approvazione condizionata delle autorità cinesi. Durante l’indagine preliminare, la SAMR ha rilevato una violazione delle leggi anti-monopolio relative a tale acquisizione, senza però specificare i dettagli del presunto illecito. Il caso è particolarmente delicato poiché potrebbe influenzare negativamente i negoziati commerciali in corso tra Pechino e Washington, avviati di recente a Madrid.
Parallelamente, la Cina ha intensificato i controlli sul settore dei semiconduttori, aprendo due ulteriori inchieste: una su possibili pratiche di dumping di chip importati dagli Stati Uniti e un’altra sulle restrizioni statunitensi imposte all’industria cinese dei chip, a sua volta vista come una forma di discriminazione.
L’impatto delle restrizioni USA sul business di Nvidia in Cina
La situazione si complica per Nvidia anche a causa delle misure restrittive imposte dagli Stati Uniti, che hanno limitato l’esportazione verso la Cina di alcune GPU avanzate per l’intelligenza artificiale, in particolare il modello H20 sviluppato specificamente per aggirare precedenti divieti. Gli analisti stimano una perdita potenziale di circa 5,5 miliardi di dollari per Nvidia, con il mercato cinese che ha visto il suo peso sul fatturato ridursi dal 20% a circa il 10%, e si prevede che tale quota possa tendere a zero nel medio termine.
Questi fattori hanno portato Morningstar a rivedere al ribasso il fair value del titolo Nvidia, da 130 a 125 dollari, mantenendo un rating di incertezza molto alto. Nonostante ciò, rimane un cauto ottimismo per la crescita futura nel settore dell’intelligenza artificiale nei mercati sviluppati, benché i dazi e le tensioni geopolitiche rappresentino un’incognita sia per il breve sia per il lungo periodo.
L’accordo USA-Cina sui chip e la “tassa” sulle vendite
In un recente sviluppo, il presidente Donald Trump ha prorogato di 90 giorni la tregua sui dazi con la Cina, permettendo a Nvidia e AMD di riprendere le vendite di specifici modelli di chip per intelligenza artificiale – rispettivamente l’H20 e l’MI308 – ma imponendo una “tassa” del 15% sui ricavi generati in Cina, una misura definita controversa e senza precedenti. Originariamente Trump aveva chiesto il 20%, ma si è accordato con il CEO di Nvidia, Jensen Huang, per una riduzione della percentuale.
Questo accordo, visto da alcuni come un abuso delle normative sull’export, rappresenta un tentativo degli Stati Uniti di mantenere la leadership tecnologica nel settore, ma rischia di favorire lo sviluppo di alternative cinesi, come il chatbot DeepSeek, lanciato recentemente. L’eventuale estensione del permesso di vendita in Cina di chip Blackwell, la più avanzata architettura Nvidia, anche se in versione “depotenziata”, potrebbe aprire un nuovo capitolo nelle delicate relazioni commerciali tra le due potenze.
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