L’intelligenza artificiale (IA), pur essendo una delle tecnologie più avanzate del nostro tempo, non è esente da problemi cognitivi simili a quelli umani. Uno studio recente condotto da ricercatori dell’Università del Texas ad Austin e della Purdue University ha rivelato che persino i modelli di IA possono soffrire di un fenomeno noto come “brain rot”, definito come un deterioramento intellettuale dovuto all’esposizione eccessiva a contenuti di bassa qualità, spesso virali o sensazionalistici presenti sul web.
Il fenomeno del “brain rot” nelle IA
Secondo la ricerca, l’addestramento delle IA su grandi quantità di dati provenienti dai social media e da altre fonti online non distingue tra contenuti di valore e materiale “spazzatura”. Modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) come Llama di Meta e Qwen di Alibaba sono stati alimentati con testi contenenti espressioni acchiappa-click come “wow”, “guarda” o “solo oggi”. Il risultato è stato un indebolimento delle capacità cognitive delle IA, con un conseguente declino nel ragionamento, nella memoria e persino nell’allineamento etico, mostrando tratti psicotici e narcisistici.
Implicazioni per il settore dell’intelligenza artificiale
Junyuan Hong, professore presso l’Università Nazionale di Singapore e coautore dello studio, sottolinea come la crescita esponenziale delle informazioni online superi di gran lunga la capacità di attenzione, sia umana che artificiale. “L’allenamento delle IA su contenuti virali può sembrare un modo semplice per ampliare il dataset, ma rischia di corrodere la qualità del ragionamento, l’etica e la concentrazione”, ha dichiarato Hong.
Nonostante l’adozione di tecniche per mitigare l’effetto dei dati di bassa qualità, i ricercatori hanno constatato che i danni cognitivi subiti dai modelli non sono stati completamente reversibili. Questo mette in guardia sviluppatori e aziende sull’importanza di selezionare con cura le fonti di dati per l’addestramento, evitando un approccio indiscriminato basato sul solo volume di informazioni.
L’Università del Texas ad Austin e la ricerca avanzata sull’IA
L’Università del Texas ad Austin, istituzione di riferimento nel panorama accademico statunitense, con oltre 52.000 studenti e un corpo docente di oltre 16.000 unità, continua a essere protagonista nella ricerca scientifica di frontiera. Il suo contributo in questo campo, grazie a dipartimenti specializzati e collaborazioni internazionali, evidenzia l’importanza di approfondire gli effetti che la qualità dei dati può avere non solo sull’IA, ma anche sugli utenti umani esposti ai medesimi contenuti.
La scoperta del “brain rot” nelle IA apre nuovi scenari di riflessione sull’etica, la sostenibilità e la qualità dell’ecosistema digitale in cui viviamo, invitando a una revisione critica dei meccanismi di raccolta e selezione delle informazioni per l’addestramento delle intelligenze artificiali.






