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Home Tecnologia

Aisha Gaban, la giornalista IA che mette a rischio 8 milioni di posti di lavoro

Il documentario di Channel 4 accende il dibattito su rischi e opportunità dell’IA nel lavoro, tra timori per l’occupazione, sfide etiche e impatti ambientali ancora irrisolti

by Marco Andreoli
24 Ottobre 2025
Aisha Gaban

Aisha Gaban / Channel 4

Londra, 24 ottobre 2025 – Nel contesto di una crescente inquietudine per il futuro del lavoro nel Regno Unito, il documentario Will AI Take My Job?, trasmesso il 21 ottobre 2025 da Channel 4, ha acceso un nuovo dibattito sull’impatto dell’Intelligenza Artificiale (IA) nell’occupazione e nella società. Al centro dell’attenzione è la figura della conduttrice virtuale Aisha Gaban, creata interamente con tecnologie di IA, che simboleggia la crisi occupazionale che potrebbe mettere a rischio circa 8 milioni di posti di lavoro solo nel Regno Unito.

Aisha Gaban: la conduttrice AI che sfida il mondo del lavoro umano

L’episodio di Dispatches, seguito da oltre 560.000 spettatori, si è distinto per una rivelazione sorprendente: la giornalista che ha condotto il programma non era una persona reale, ma un avatar digitale generato da IA. Tale scelta è stata una provocazione intenzionale per illustrare le potenzialità e i limiti dell’automazione nel mondo professionale. La conduttrice virtuale, pur priva di spontaneità e capacità di interagire dal vivo, ha rappresentato un monito per l’industria televisiva e per tutti i settori lavorativi minacciati dall’automazione.

Il documentario ha evidenziato come l’IA sia capace di superare l’uomo in termini di velocità e costi, ma non di empatia e capacità critica, elementi fondamentali nel giornalismo e nelle professioni creative. Tra le categorie più esposte figurano lavoratori di call center, traduttori e graphic designer, tutti a rischio di esternalizzazione tecnologica. La questione si estende anche agli aspetti ambientali: il consumo energetico e idrico dei datacenter che supportano l’IA, infatti, pone interrogativi non ancora risolti e non sufficientemente affrontati nel documentario.

Un’eredità cyberpunk: da Max Headroom ad Aisha Gaban

L’esperimento di Channel 4 richiama alla mente il personaggio di Max Headroom, un’icona cyberpunk degli anni ’80 che fece il suo debutto proprio sullo stesso canale britannico. Max Headroom, presentatore televisivo “generato al computer” ma in realtà interpretato da un attore truccato, rappresentava allora una visione distopica e inquietante del potere mediatico e tecnologico. Oggi, con Aisha Gaban, quella finzione è diventata realtà digitale, rappresentando un simbolo tangibile di quanto l’IA stia ormai permeando i media e il lavoro umano.

L’interferenza televisiva del 1987 con Max Headroom, un atto di pirateria che sconvolse le trasmissioni di Chicago, ha ispirato anche recenti produzioni artistiche come il brano “The 1987 Max Headroom Broadcast Incident” di Mauro Lanza, che celebra le tecnologie obsolete e l’oscura visione di un futuro dominato dalla tecnologia, un tema che risuona ancor più attuale con la diffusione delle conduttrici virtuali.

IA e professioni umane: velocità contro empatia

Il cuore del documentario ha mostrato un confronto diretto tra quattro professionisti – un medico, un avvocato, un musicista e un fotografo – e le loro controparti artificiali. Sebbene l’IA si sia dimostrata più rapida ed economica, gli esseri umani hanno mantenuto un vantaggio in termini di qualità, creatività e sensibilità. In particolare, la prospettiva di un fotografo generato da IA ha suscitato timori legati alla perdita di autenticità artistica, con la possibile sostituzione di opere originali con “arte scadente” prodotta da algoritmi.

Dal punto di vista medico, alcune applicazioni di IA sono state accolte positivamente, come sistemi diagnostici capaci di supportare i medici dimezzando i tempi di lavoro, rappresentando così un aiuto concreto piuttosto che una minaccia. Tuttavia, il quadro generale rimane critico, con una forte pressione prevista nei prossimi anni su chi esercita professioni umane, soprattutto in ambiti che richiedono empatia, esperienza e capacità di analisi.

Il costo ambientale dell’Intelligenza Artificiale

Oltre alle implicazioni occupazionali, il documentario ha sollevato un tema trascurato ma cruciale: l’impatto ambientale dell’IA. Il funzionamento dei datacenter, necessari per sostenere l’elaborazione e la gestione di sistemi di intelligenza artificiale come quello che ha creato Aisha Gaban, comporta un consumo significativo di risorse, in particolare acqua ed energia. Channel 4, impegnata da tempo a raggiungere la neutralità climatica, ha ricevuto critiche per non aver fornito un rendiconto esplicito sul costo ecologico dell’esperimento.

L’episodio di Dispatches si configura così come un avvertimento su più livelli: non solo mette in luce le sfide occupazionali e culturali legate all’adozione crescente dell’IA, ma richiama anche a una riflessione sulle conseguenze ambientali di una tecnologia che, seppur promettente, presenta ancora costi nascosti e impatti significativi sul pianeta.

Tags: giornalistaIntelligenza artificialeRegno Unito

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