Roma, 1° settembre 2025 – Imane Khelif, la pugile algerina medaglia d’oro ai Giochi Olimpici di Parigi 2024, ha presentato un ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport (Tas) di Losanna contro la World Boxing Association (WBA) e la decisione di introdurre test genetici per la partecipazione alle competizioni internazionali femminili. Il ricorso riguarda l’introduzione del test genetico obbligatorio che le ha impedito di partecipare ai Campionati Mondiali di pugilato femminile 2025, organizzati dall’International Boxing Association (IBA).
Imane Khelif, contesto della controversia
Imane Khelif, nata a Tiaret il 2 maggio 1999, è una delle atlete più importanti del pugilato femminile internazionale e la prima pugile algerina a conquistare una medaglia d’oro olimpica nella sua disciplina. Tuttavia, dal 2023 ha avuto una carriera segnata da ripetute controversie legate a test di idoneità e di identità sessuale. Nel marzo 2023, Khelif ha subito l’esclusione dai Campionati Mondiali di pugilato dilettanti femminile per non aver superato un test medico che, secondo l’IBA, avrebbe indicato livelli di testosterone troppo elevati e la presenza di cromosomi XY, cioè un cariotipo maschile. L’IBA ha reso noti questi dati, ma non sono stati mai pubblicati ufficialmente, con la federazione che ha definito le metodologie di test “riservate”.
Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha invece autorizzato Khelif a gareggiare alle Olimpiadi di Parigi 2024, sottolineando che la sua partecipazione rispettava le norme di ammissibilità e che la pugile era “nata donna, registrata come donna e aveva vissuto la sua vita come donna”. Dopo i Giochi, tuttavia, l’IBA ha introdotto test genetici obbligatori per i Mondiali 2025, che hanno portato alla sua esclusione e ora al ricorso al Tas.
Le implicazioni del ricorso e le sfide per il pugilato femminile
Il ricorso di Khelif rappresenta un punto cruciale nel dibattito internazionale sul tema della partecipazione degli atleti intersex e con variazioni di sesso alle competizioni sportive. Mentre l’International Boxing Association insiste sull’uso dei test genetici per garantire l’equità nelle gare femminili, il CIO ha più volte criticato la mancanza di trasparenza e la natura “arbitraria” di tali test.
La vicenda di Imane Khelif sottolinea quindi la complessità delle questioni di identità di genere, norme sportive e diritti degli atleti, che le organizzazioni mondiali del pugilato e dello sport in generale dovranno affrontare con equilibrio e trasparenza nei prossimi anni.






