Fabri Fibra, all’anagrafe Fabrizio Tarducci, è una delle voci più riconoscibili e controverse del rap italiano. Nel corso di una lunga conversazione al podcast Tintoria, l’artista ha ripercorso le tappe fondamentali della sua carriera, raccontando episodi che oscillano tra il surreale e il drammatico. Dai primi passi nell’hip-hop fino alle sfide con l’industria discografica, dal rapporto con la marijuana alle strategie per affrontare la critica, i suoi aneddoti offrono un ritratto inedito di un musicista che ha sempre scelto di andare controcorrente.
Un incontro sfiorato con un contratto capestro
All’inizio della sua carriera, quando il progetto Uomini di Mare era pronto, Fabri Fibra si trovò senza appoggi da parte delle etichette discografiche. In quel contesto comparve un produttore calabrese con una proposta allettante. L’uomo si presentò in un’osteria di Roma con una valigetta che conteneva un contratto destinato a vincolare Fibra per quattro album. Un imprevisto però cambiò tutto: la valigetta si bloccò e non ci fu modo di aprirla. Poco dopo, l’etichetta del produttore fallì per problemi fiscali. Per il rapper, quell’episodio fu un segno: quando le porte dell’industria restano chiuse, bisogna costruire la propria strada.
La fabbrica come fonte di creatività
Il primo album solista, Turbe Giovanili, nacque mentre Fabri Fibra lavorava lunghe ore in una fabbrica nelle Marche. L’esperienza quotidiana di fatica e alienazione si trasformò in linfa creativa.

Per l’artista, il rap non poteva prescindere dalla vita reale: le rime erano lo specchio delle giornate, delle osservazioni e delle frustrazioni. Da allora, la convinzione che la musica autentica debba attingere direttamente dall’esistenza quotidiana è rimasta una costante della sua produzione.
L’incontro di Fabri Fibra con Gianna Nannini
Uno dei momenti più noti della carriera di Fabri Fibra è stata la collaborazione con Gianna Nannini per la canzone In Italia. L’idea nacque da un’intuizione discografica e dall’interesse diretto della cantante, incuriosita da un’intervista in cui Fibra aveva parlato di lei. Il loro primo incontro nello studio fu segnato da un episodio inatteso: Nannini chiese subito di fumare una canna. La forza della sostanza fu tale che la mise temporaneamente KO, salvo poi rialzarsi e registrare in un’unica, impeccabile sessione il ritornello che rese immortale il brano.
La dipendenza dalla marijuana e la rinascita
Fabri Fibra ha parlato apertamente della sua lunga relazione con la marijuana, iniziata come supporto creativo e trasformata col tempo in una spirale di dipendenza. Fumare non serviva più a creare, ma solo a prepararsi alla prossima dose. Il punto di rottura arrivò con un attacco di panico e la consapevolezza che, continuando così, non avrebbe più potuto esibirsi. Decise di smettere, affrontando sei mesi di astinenza durissima, tra insonnia e ansia. La liberazione, però, gli restituì sensibilità ed energia nuove, permettendogli di riscoprire la musica come la sua unica vera droga.
Quando Fabri Fibra recensì negativamente un proprio album
Nel 2009, mentre preparava l’uscita di Chi vuole essere Fabri Fibra, il rapper intuì che il cambio di stile avrebbe spiazzato molti fan. Nominato direttore ospite della rivista XL, decise di sorprendere tutti pubblicando una recensione negativa del proprio disco. Una mossa spiazzante che si rivelò vincente: ribaltò la narrativa, accese il dibattito e mostrò una capacità di gestione dell’immagine che oggi appare quasi profetica, in anticipo rispetto alle dinamiche dei social network.
