Catania, 28 ottobre 2025 – Vincenzo “Niko” Pandetta, cantante neomelodico e trapper catanese, nipote del noto boss mafioso Salvatore “Turi” Cappello, ha lasciato il carcere di Cagliari dove era detenuto per scontare una condanna definitiva a quattro anni e cinque mesi per spaccio di droga ed evasione. Il trasferimento in una comunità in Calabria, deciso dal magistrato di sorveglianza di Cagliari, rappresenta un passaggio nel percorso di esecuzione della pena.
Dal carcere alla comunità: il percorso di Niko Pandetta
Pandetta, 32 anni, era stato arrestato il 19 ottobre 2024 a Milano, dopo essersi reso irreperibile a seguito della sentenza definitiva emessa dal Tribunale di Catania, confermata dalla Cassazione. La sua latitanza è durata pochi giorni: la polizia lo ha individuato e bloccato nel quartiere milanese di Quarto Oggiaro, dove si era rifugiato in un appartamento preso in affitto. In tasca aveva 12mila euro, che ha dichiarato derivare da un nuovo contratto discografico. Il cantante, noto per brani che raccontano la vita nella criminalità organizzata e per la sua vicinanza alla cultura mafiosa, è coinvolto anche nell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo su un traffico di cellulari e droga all’interno del carcere Pagliarelli.

Un episodio che ha suscitato scalpore è stato il video diffuso sui social in cui si vedeva Pandetta uscire dal carcere, nonché la perquisizione compiuta nel carcere di Rossano, dove gli agenti penitenziari trovarono un telefonino nella sua cella, elemento che ha alimentato ulteriori indagini.
L’eredità criminale e il contesto mafioso di Catania
Niko Pandetta è figlio del contesto mafioso radicato nella Sicilia orientale, essendo nipote di Salvatore “Turi” Cappello, figura storica e sanguinaria del clan Cappello, uno dei più temuti nella guerra di mafia che ha insanguinato Catania negli anni ’80 e ’90. Cappello, detenuto al regime del 41 bis dal 1993, è considerato responsabile di oltre 200 omicidi, sia come mandante che come esecutore materiale.
La figura di Pandetta si inserisce dunque in una lunga tradizione criminale che ha visto il clan Cappello protagonista di violenze e faide sanguinose a Catania e in Lombardia, con legami e alleanze anche con altre organizzazioni mafiose come la ‘ndrangheta. La sua attività musicale e mediatica ha spesso destato polemiche per l’esaltazione di valori legati al mondo della malavita, contribuendo a mantenere alta l’attenzione su questo fenomeno nel panorama italiano.






