Giovanni Storti, storico volto del trio comico insieme ad Aldo Baglio e Giacomo Poretti, ha intrapreso un nuovo percorso che unisce satira e impegno civile. Negli ultimi anni si è infatti riscoperto “influencer dell’ambiente”, trasformando la comicità in uno strumento per sensibilizzare sul tema del riscaldamento globale. A breve porterà in scena Lunga vita agli alberi, una sorta di conferenza-spettacolo realizzata insieme al neurobiologo Stefano Mancuso, con la regia di Arturo Brachetti. Lo spettacolo, che debutterà il prossimo inverno in un tour nazionale, vedrà Storti nei panni del “giullare” e Mancuso in quelli dello scienziato, in un equilibrio tra divulgazione e leggerezza.
Questa nuova consapevolezza è nata durante la pandemia, quando l’attore, trascorrendo la primavera in campagna con la moglie, ha iniziato a condividere riflessioni ambientali su Instagram. Il pubblico ha mostrato apprezzamento e Storti ha scelto di impegnarsi con costanza in questa direzione, mescolando comicità e attivismo.
L’addio di Giovanni Storti a Milano
La sensibilità verso l’ambiente è anche una delle ragioni che lo hanno portato ad allontanarsi da Milano. L’attore non riconosce più nella metropoli lo spirito di comunità e la vivibilità che un tempo aveva percepito. “Per i miei canoni è degradata – racconta –. Troppo rumore, troppa furberia, e sempre meno civismo e comunità”. A suo giudizio, tra grattacieli e terrazze esclusive, mancano i negozi di quartiere e soprattutto gli spazi verdi, indispensabili per la salute delle città. “Gli alberi – sottolinea – sono condizionatori naturali, assorbono CO₂ e producono ossigeno. Eppure, anche di fronte al disastro climatico, vedo ancora una resistenza ostinata al cambiamento”.
La questione delle auto
Uno dei punti più critici, secondo Storti, riguarda la gestione della mobilità urbana. Nella sua analisi, a Milano lo spazio riservato alle automobili è sproporzionato rispetto a quello destinato a pedoni e biciclette. “Ci sono 1.700 chilometri di strade: perché non pedonalizzarne almeno il 10 per cento?”, propone. Sarebbero 170 chilometri di vie da restituire alla socialità e agli spostamenti sostenibili. Cita come esempi positivi Parigi, che sta riducendo progressivamente l’uso delle auto, e Bologna, che ha introdotto il limite dei 30 km orari. “Qui invece – osserva – si difende la macchina come se limitarne l’uso fosse un attacco alla libertà personale. Ma in realtà si tratta solo di vizi travestiti da diritti”.
Un esempio concreto lo offre il suo ex quartiere, in via Verga: inizialmente molti residenti protestavano contro la pedonalizzazione, ma col tempo hanno apprezzato la possibilità di spostarsi più liberamente in bicicletta.
Tra disincanto e speranza
Accanto alle battute, Storti non nasconde il suo disincanto sul modo in cui si comunica la crisi climatica. “Si parla di cambiamento climatico, ma è riscaldamento globale. Si dice biodiversità, ma è la vita. Edulcorare la realtà è un errore”. La sua testimonianza arriva dai campi del Monferrato, in Piemonte, dove oggi vive: un tempo rigogliosi, ora producono poca frutta, con querce centenarie che stentano a sopravvivere e nuove specie invasive che si stanno diffondendo, come l’ailanto o la popillia japonica, un coleottero che danneggia gravemente le coltivazioni.
Nonostante ciò, Storti non rinuncia alla speranza. Con la sua arma più potente, la comicità, vuole continuare a scuotere le coscienze. “Non so se la gente mi segua per ridere o per l’ambiente – ammette – ma l’interesse c’è. E se il giullare riesce a far riflettere, allora vale la pena provarci”.






